Sull’abuso del diritto di impugnazione

La mera conoscenza della esistenza di contrastanti orientamenti di merito, alcuni espressione di una posizione contraria a quella fatta propria dell’impugnante, non è di per sé sufficiente a qualificare la proposizione dell’appello come abuso del mezzo di impugnazione, perché solo la vacuità e la vuota pretestuosità delle argomentazioni utilizzate potrebbero portare a tanto qualora si spingessero ai confini della mala fede: diversamente opinando, lo strumento dell’art. 96, comma 3, c.p.c., nato per contenere l’abuso degli strumenti processuali di per sé leciti, verrebbe adattato all’uso distorto di dissuadere ogni tentativo di sovvertire, a mezzo della impugnazione, un precedente orientamento giurisprudenziale.

(Cassazione Civile, 12 luglio 2019, n. 18745)