Senza preventiva autorizzazione del Senato, messaggi di posta elettronica e WhatsApp del parlamentare non possono essere acquisiti
Non spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Firenze, in assenza della preventiva autorizzazione della Camera di appartenenza, acquisire messaggi di posta elettronica e WhatsApp di un parlamentare, o a quest’ultimo diretti, conservati nella memoria di dispositivi elettronici appartenenti a terzi ed oggetto di provvedimenti di sequestro nell’ambito di un procedimento penale nei confronti dello stesso parlamentare e di altri soggetti. Tali massaggi devono essere infatti ricondotti alla nozione di “corrispondenza”, costituzionalmente rilevante, la cui tutela non si esaurisce con la ricezione e la lettura da parte del destinatario, ma pemane fino a quando, per il decorso del tempo, essi non perdano il loro carattere di attualità ed interesse per gli interlocutori, trasformandosi in meri documenti “storici”.
(Corte Costituzionale, 27 luglio 2023, n. 170)