Fallimento di una società straniera: se non è prevista la procedura di ammissione al passivo, l’accertamento del credito va effettuato in Italia

Nelle procedure di insolvenza transfrontaliere, per tali dovendosi intendere le procedure aperte a carico di soggetti aventi beni collocati nel territorio di diversi Stati membri dell’Unione europea, o nelle quali siano coinvolti creditori non residenti nello Stato di apertura della procedura, qualora la legge regolatrice di quest’ultima-da individuare in base al criterio della legge di apertura fissato dall’art. 4 del Regolamento n. 1346/2000 CE – preveda che il giudizio di accertamento del credito, che sia iniziato prima dell’apertura della procedura stessa, debba proseguire di fronte al giudice ordinario, questi è tenuto a conoscere della domanda sottoposta alla sua cognizione, anche se la norma di diritto interno del suo Stato di appartenenza riservi al giudice della procedura di insolvenza l’accertamento dei crediti nei confronti del soggetto insolvente. Di conseguenza il giudice italiano, dinanzi al quale sia pendente un giudizio avente ad oggetto una domanda di accertamento del credito, o di condanna, promosso da un creditore nei confronti di un soggetto di diritto estero che sia stato assoggettato, in altro Stato membro dell’Unione europea, a procedura di insolvenza aperta successivamente all’inizio della causa di cui anzidetto, non può dichiarare improcedibile la domanda, in applicazione della norma di diritto interno, ma deve applicare la disposizione prevista dalla legge dello Stato membro in cui la procedura di insolvenza è stata aperta e dunque, ove questa faccia salva-come nel caso del diritto tedesco – la cognizione del giudice ordinario, deve pronunciarsi nel merito.

(Cassazione Civile, 21 giugno 2023, n. 17777)