Risarcimento del danno al dipendente tardivamente assunto

Il lavoratore subordinato, che, uscito vittorioso da un concorso pubblico per l'assegnazione di posti di lavoro presso enti di pubblica rilevanza, non sia stato assunto o sia stato tardivamente assunto in ragione di un provvedimento illegittimo della pubblica amministrazione, ha diritto ad un risarcimento del danno corrispondente alle retribuzioni perdute, detratte le somme dallo stesso percepite nel periodo di disoccupazione, la prova delle quali grava interamente sul datore di lavoro.

(Cassazione Civile, ordinanza, 13 aprile 2018, n. 9193)


Responsabilità dell’Ente per violazione delle norme di prudenza

A prescindere da ogni obbligo legale, l'Ente pubblico proprietario e gestore della strada deve rispondere per violazione delle norme di comune prudenza (colpa generica), non potendo disinteressarsi della sicurezza degli utenti dell'arteria in presenza di evidenti situazioni di pericolo (come quella rappresentata nella specie da un palo di cemento posto a poco più di tre metri dal ciglio stradale all'uscita di una curva, sia pure ad ampio raggio).

(Tribunale di Taranto, 6 settembre 2017, n. 2261)


Violazione degli obblighi familiari

La condotta del coniuge integrante il reato di violazione degli obblighi familiari, a cui si aggiungano le ripetute minacce all'ex coniuge, che si configuri idonea ad ingenerare nella vittima uno stato di ansia e preoccupazione tali da provocare un turbamento psichico transitorio e soggettivo conseguente proprio al fatto di reato, costituisce un ipotesi di illecito civile, cosicché il danno subito dalla vittima è risarcibile ai sensi dell’art. 2059 c.c. anche se il reato è accertato solo incidentalmente.

(Tribunale di Roma, 12 settembre 2018, n. 17144)


Irragionevole durata della procedura fallimentare

In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo (nel caso di specie una procedura fallimentare) ai sensi della Legge Pinto, il diritto all'indennizzo in favore di lavoratori, creditori del fallito, sorge per la semplice ammissione al passivo dei medesimi e per l'eccessiva durata della procedura. Il fatto che gli anzidetti lavoratori abbiano potuto giovarsi dell'intervento del Fondo di garanzia dell'INPS e/o che abbiano ricevuto pagamenti parziali dei rispettivi crediti nel corso della procedura non vale ad eliminare radicalmente il diritto all'indennizzo potendo tutt'al più concorrere a ridurlo, se del caso, anche al di sotto dei limiti minimi previsti dalla legge e della CEDU.

(Cassazione Civile, 6 novembre 2018, n. 28268)


Il ritardo nei pagamenti del canone e la clausola risolutiva espressa

In tema di locazione, la tolleranza del locatore nel ricevere il canone oltre il termine stabilito rende inoperante la clausola risolutiva espressa prevista dal contratto, la quale riprende però efficacia se il creditore provveda, con una nuova manifestazione di volontà, a richiamare il debitore all'esatto adempimento delle sue obbligazioni. Non può perciò essere imposto al locatore, in virtù del principio generale di buona fede e divieto dell’abuso del processo, di agire in giudizio avverso ogni singolo ed analogo inadempimento al fine di escludere la sua tolleranza.

(Cassazione Civile, ordinanza 6 giugno 2018, n. 14508)


Le soglie di fallibilità si calcolano su esercizi di bilancio annuali

L’art. 1 comma II, L.F. predetermina delle soglie di fallibilità calcolandole su uno scaglione temporale annuo, cosicché tale scelta legislativa non possa essere vanificata da una decisione dell’imprenditore di abbreviare la durata dell’esercizio. Ne consegue che i tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento da considerare ai fini della verifica dei presupposti di fallibilità, devono intendersi come esercizi aventi ciascuno durata annuale, a meno che non sia trascorso un lasso di tempo inferiore dall’inizio dell’attività di impresa.
Nonostante dunque vi sia piena libertà della società di modificare l’epoca di chiusura del proprio esercizio, l’applicazione di tale esercizio ‘ridotto’ alla fattispecie fallimentare configura abuso di diritto, poiché tale deliberazione societaria non rileva ai fini della verifica del superamento delle soglie di fallibilità che sono legate a dati oggettivi di portata annuale.

(Cassazione Civile, 24 maggio 2018, n. 12963)


È fedifrago il marito in cerca di incontri amorosi sul web

La condotta del marito, intento alla ricerca di relazioni extraconiugali tramite internet, integra una violazione dell’obbligo di fedeltà ex art. 143 cod. civ., in quanto costituisce una circostanza oggettivamente idonea a compromettere la fiducia tra i coniugi e a provocare l’insorgere della crisi matrimoniale all'origine della separazione.

(Cassazione Civile,16 aprile 2018, n. 9384)


Violenze inflitte al coniuge e separazione con addebito

Le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all'altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore di esse.
Al riguardo, va osservato che il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei.

(Cassazione Civile, 10 dicembre 2018, n. 31901)


Danno da perdita del rapporto parentale

Il fatto illecito costituito dalla uccisione di uno stretto congiunto appartenente al ristretto nucleo familiare (genitore, coniuge, fratello) dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto, consistente nella sofferenza morale che solitamente si accompagna alla morte di una persona cara e nella perdita del rapporto parentale e conseguente lesione del diritto all'intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che ordinariamente caratterizza la vita familiare. Siffatta presunzione semplice può tuttavia, come tale, essere superata da elementi di segno contrario, quali la separazione legale o (come nel caso di specie) l'esistenza di una relazione extraconiugale con conseguente nascita di un figlio tre mesi prima della morte del coniuge (relazione extraconiugale che costituisce evidente inadempimento all'obbligo di fedeltà tra coniugi di cui all'art. 143 c.c.). Detti elementi non comportano, di per sé, l'insussistenza del danno non patrimoniale in capo al coniuge superstite, ma impongono a quest'ultimo, in base agli ordinari criteri di ripartizione dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c. (essendo stata, come detto, superata la presunzione), di provare di avere effettivamente subito, per la persistenza del vincolo affettivo, il domandato danno non patrimoniale.

(Cassazione Civile, 11 dicembre 2018 n. 31950)


Installazione dell’ascensore all'interno del condominio ad opera di un solo condomino

L'installazione di un ascensore e la conseguente modifica delle parti comuni non possono essere impediti per una disposizione del regolamento condominiale che subordini l'esecuzione dell'opera stessa all'autorizzazione del condominio. L'ascensore, infatti, rappresenta un'opera volta a superare le barriere architettoniche e il singolo condomino può assumersi interamente il costo della relativa costruzione poiché siano rispettati i limiti previsti dall'art. 1102 c.c..

(Cassazione Civile, 5 dicembre 2018, n. 31462)