Esclusione del credito del sindaco inadempiente

Il credito per compenso professionale del sindaco della società fallita può essere interamente escluso dallo stato passivo, potendo la curatela opporre l'eccezione di inadempimento allorquando emerga che il professionista abbia violato i doveri imposti dalla legge ai componenti del collegio sindacale. (Nel caso di specie il Tribunale in composizione collegiale, pronunciandosi in sede di opposizione allo stato passivo proposta da un componente del collegio sindacale della società fallita – il quale lamentava l'esclusione del credito vantato a titolo di compenso professionale – ha ritenuto corretta la valutazione effettuata dalla curatela e confermata dal giudice delegato di opporre l'eccezione di inadempimento nei confronti del professionista, essendo emersa dagli atti allegati in giudizio ed in particolare dalla relazione ex art. 33 l.f., una grave violazione - che ha avuto efficacia deterministica rispetto al dissesto della società fallita - da parte del collegio sindacale degli obblighi di allerta imposti dalla legge).

(Tribunale di Como, 17 Luglio 2018)


Il fallaccio di gioco ed il risarcimento danni

In materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo, la condotta dell’agente è scriminata soltanto laddove sussista uno stretto collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo. Non sussiste tale nesso funzionale se l'atto sia stato compiuto allo scopo di ledere l'avversario, ovvero con una violenza incompatibile con le caratteristiche concrete del gioco. Sussiste, pertanto, in ogni caso la responsabilità dell'agente in ipotesi di atti compiuti allo specifico scopo di ledere, anche se gli stessi non integrino una violazione delle regole dell'attività svolta; la responsabilità non sussiste invece se le lesioni siano la conseguenza di un atto posto in essere senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole dell'attività, e non sussiste neppure se, pur in presenza di violazione delle regole proprie dell'attività sportiva specificamente svolta, l'atto sia a questa funzionalmente connesso. In entrambi i casi, tuttavia il nesso funzionale con l'attività sportiva non è idoneo ad escludere la responsabilità tutte le volte che venga impiegato un grado di violenza o irruenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato, ovvero col contesto ambientale nel quale l'attività sportiva si svolge in concreto, o con la qualità delle persone che vi partecipano (durante una partita amichevole di calcio, l’agente eseguiva un’azione fallosa, in scivolata colpendo da dietro le gambe del giocatore e procurandogli lesioni personali con esiti invalidanti di natura permanente. La Corte d’Appello aveva ritenuto che l'azione fallosa non era stata caratterizzata dalla volontà di ledere, né - se pure violativa delle regole del gioco - poteva ritenersi sproporzionata rispetto al contesto od assolutamente abnorme rispetto alla finalità del gioco stesso).

(Cassazione Civile, 10 maggio 2018, n. 11270)


Responsabilità del professionista e prova del danno

Anche se è provato e comunque incontestato sia il conferimento dell’incarico professionale di gestire la contabilità di una società con tutti gli inerenti adempimenti fiscali, sia che il commercialista, in qualità di intermediario autorizzato, aveva omesso di procedere al deposito telematico della dichiarazione annuale IVA, tuttavia non è possibile condannare quest’ultimo al risarcimento del danno richiesto dalla società attrice quantificandolo sulla base delle cartelle esattoriali notificate dall'Erario, ove il professionista, sempre su delega dell’assistito, abbia impugnato le stesse ed il procedimento sia pendente in Cassazione, senza che la società contribuente abbia ancora versato alcun importo all'amministrazione tributaria e, anzi, la parte attrice non abbia in alcun modo adempiuto al proprio onere probatorio avente ad oggetto almeno la presunzione di definitività del recupero del credito da parte di quest’ultima.

(Tribunale di Milano, 24 giugno 2014 n. 8412)


Responsabilità del professionista e prova del danno; giudizio prognostico sull’esito dei ricorsi tributari tardivi

Non va risarcito il danno patrimoniale quando, pur pacifica la negligenza del professionista che non ha depositato tempestivamente i ricorsi tributari (statuizione dalla quale era comunque dipesa la condanna per il danno non patrimoniale), una valutazione prognostica dei ricorsi non consente di ritenere che sarebbero stati accolti (I giudici d'appello, al riguardo, avevano anche puntualizzato, con motivazione approfondita condivisa dalla Corte di Cassazione, che non poteva giungersi ad una diversa valutazione, anche tenendo conto dei ricorsi proposti dagli appellanti quasi contestualmente ma affidati ad un diverso commercialista (i quali avevano avuto per loro esito favorevole), in quanto, oltre a mancare la certezza di uniformità dell'orientamento delle varie sezioni della Commissione Tributaria adita, i profili delle violazioni contestate ed oggetto della controversia in esame erano differenti.

(Cassazione Civile, 31 maggio 2018, n. 13769)


Il finanziamento dei soci e la postergazione del rimborso

Il principio di postergazione del rimborso del finanziamento dei soci dell'art. 2467 Cod. Civ. per le società a responsabilità limitata è dettato al fine di contrastare i fenomeni di sottocapitalizzazione nominale in società cosiddette "chiuse", determinati dalla convenienza dei soci a ridurre l'esposizione al rischio d'impresa, ponendo i capitali a disposizione dell'ente collettivo nella forma del finanziamento anziché in quella del conferimento.
Qualora tali finanziamenti, in qualsiasi forma effettuati, siano stati concessi in un momento in cui risulti un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento, essi possono essere rimborsati solo una volta che siano stati integralmente soddisfatti tutti i creditori sociali, dovendo peraltro essere immediatamente restituiti se effettuati nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.

(Tribunale di Reggio Emilia, 8 febbraio 2018, n. 204)


Il danno da lesione della reputazione va provato essendo un danno-conseguenza

Il danno da lesione della reputazione è un danno ai diritti assoluti della personalità costituzionalmente protetti. Tale danno è però un tipico danno-conseguenza che non coincide con la lesione del semplice interesse (ovvero non è in re ipsa). Dev'essere perciò opportunamente allegato e provato da chi chiede il relativo risarcimento anche mediante presunzioni ed anche tramite valutazioni prognostiche trattandosi di un pregiudizio che può proiettarsi nel futuro, con quantificazione anche in via equitativa.

(Cassazione Civile, ordinanza 16 aprile 2018, n. 9385)


Conoscenza legale del fallimento e decorrenza del termine per la riassunzione del giudizio

Anche se la dichiarazione di fallimento determina l'automatica interruzione del processo, il termine trimestrale per la riassunzione decorre dal momento dell’effettiva conoscenza dell’evento interruttivo, indipendentemente dal momento in cui è stata dichiarata l’interruzione dall'autorità giudiziaria. La conoscenza “legale” del fatto interruttivo può cominciare a decorrere in presenza di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento medesimo, assistita da fede privilegiata.

(Cassazione Civile, ordinanza 18 aprile 2018, n. 9578)


L’estensione del fallimento alla società di fatto insolvente

In caso di fallimento di un soggetto del quale si ipotizzi la partecipazione come socio di una società di fatto, al fine di estendere gli effetti del fallimento ex art. 147 L.F. alla società nonché agli altri soci occulti, oltre agli elementi per accertare l’esistenza di tale società (affectio societatis, pagamenti privi di causa) è necessario accertarne lo stato di insolvenza autonomo oppure che il tra socio fallito e la società di fatto vi sia identità di impresa tale da rendere inutile un autonomo accertamento dell’insolvenza.

(Tribunale di Catania, decreto 1 marzo 2018)


L’assenza di giusta causa e il risarcimento del danno

La misura del risarcimento del danno subito dall'amministratore unico di s.r.l. a seguito di revoca dalla carica in assenza di giusta causa è parametrata, in applicazione dell’art. 1223 c.c., all'ammontare dei compensi non percepiti in dipendenza dell’ingiustificata revoca.

(Cassazione Civile, ordinanza 28 agosto 2018, n. 21233)


Salute, dolore, qualità della vita sono beni diversi e come tali esigono un risarcimento distinto

Il danno biologico (cioè la lesione della salute), quello morale (cioè la sofferenza interiore) e quello dinamicorelazionale (altrimenti definibile “esistenziale”, e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiana nei suoi vari aspetti inclusi quelli che attengono alla sfera sessuale) costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e tutti risarcibili. Il giudice di merito, in relazione ad una visione complessiva della persona e sulla base di prove anche presuntive, deve determinare il ristoro del pregiudizio subito senza incorrere in vuoti risarcitori riferibili anche al mancato riconoscimento delle ripercussioni sulla vita privata contrastanti con l’art. 32 Cost. e con i principi affermati dagli artt. 3 e 7 della Carta di Nizza recepita dal Trattato di Lisbona e dell’art. 8 della Cedu.

(Cassazione Civile, 31 maggio 2018, n. 13770)