Prededucibile nel fallimento il credito “funzionale” al piano
I crediti nascenti da nuovi contratti che, pur se non espressamente contemplati nel piano concordatario, siano stipulati dal debitore, in corso di esecuzione del concordato preventivo omologato, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano medesimo e dell’adempimento della proposta, devono ritenersi sorti in funzione della procedura e vanno ammessi in prededuzione allo stato passivo del fallimento consecutivo, dichiarato per effetto della risoluzione del concordato.
(Cassazione Civile, 10 gennaio 2018, n. 380)
La negoziazione assistita obbligatoria contrasta coi principi della Carta dei Diritti UE?
Secondo i principi comunitari, qualsiasi tipo di ADR (Alternative Dispute Resolution) avente carattere obbligatorio può ritenersi compatibile con il principio della tutela giurisdizionale effettiva (artt. 6 e 13 della CEDU ed art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea) purché soddisfi congiuntamente tutte le seguenti condizioni: (i) non conduca ad una decisione vincolante per le parti; (ii)non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale; (iii) sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione; (iv) sia possibile disporre di provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l'urgenza della situazione lo impone; (v) non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti.
La disciplina nazionale sulla negoziazione assistita non rispetta l’ultima delle predette condizioni, poiché, non potendo prescindere dall'intervento di un difensore, comporta dei costi non contenuti per le parti, tenuto conto dei criteri di determinazione del compenso di avvocato attualmente vigenti. Pertanto la norma che viene qui in rilievo (art. 3, comma 1, D.L. n. 132/2014), essendo fonte, sia pure indiretta, di costi non contenuti per le parti, va disapplicata in quanto in contrasto con l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
(Tribunale di Verona, ordinanza 27 febbraio 2018)
Azione di responsabilità del curatore e determinazione del danno
Nell'azione di responsabilità promossa dal curatore a norma dell'art. 146, comma 2, l.fall., il giudice può ricorrere alla liquidazione equitativa del danno, nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l'attivo liquidato in sede fallimentare, qualora il ricorso a tale parametro si palesi, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile, in quanto l'attore abbia allegato inadempimenti dell'amministratore – nella specie consistiti nella cessione a sé stesso, a prezzo vile, di rami d'azienda e nella pluriennale mancata tenuta delle scritture contabili – astrattamente idonei a porsi quali cause del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore medesimo.
(Cassazione Civile, 1 febbraio 2018, n. 2500)
Sciopero del personale di volo e obbligo di compensazione
Lo “sciopero selvaggio” di una parte consistente del personale di volo che abbia spontaneamente dichiarato la propria assenza quale reazione all'annuncio a sorpresa di una ristrutturazione aziendale non può essere qualificato dalla compagnia aerea come “circostanza eccezionale” al fine di escludere l’obbligo di compensazione pecuniaria a favore dei passeggeri.
(Corte di Giustizia UE, Sentenza 17 aprile 2018, cause riunite C-195/17, C-197/17 e altre)
La promessa di pagamento che contiene le ragioni e i fatti da cui deriva il debito ha natura di confessione
La promessa di pagamento ha una specifica rilevanza processuale (come prevede l'art. 1988 Cod. Civ.), dispensando colui che la sfrutta in giudizio di provare i fatti costitutivi della pretesa su cui si fonda. Se però la promessa di pagamento contiene anche l'indicazione delle ragioni e dei fatti da cui deriva il debito relativo, allora acquisisce natura di confessione. Quest'ultima, essendo prova legale, può essere revocata soltanto dimostrando l'errore di fatto o la violenza che ha determinato la dichiarazione come prevede l'art. 2732 Cod. Civ..
(Cassazione Civile, 20 aprile 2018, n. 9880)
Criteri per l’individuazione della residenza abituale del minore
Per individuare la residenza abituale di un minore di tenera età (2 anni), necessaria per la scelta del Giudice competente, si devono valorizzare indicatori di natura proiettiva, quali l'iscrizione all'asilo in un determinato Paese, l'incardinamento in tale sistema pediatrico. Altri elementi, quali i periodi non brevi trascorsi dal minore in un altro Paese sono, invece, da considerarsi 'recessivi' rispetto a quelli sopra indicati.
(Cassazione Civile, sez. un., 30 marzo 2018, n. 8042)
Stato di insolvenza e inadempimento di un solo credito
Il giudizio sulla sussistenza dello stato d'insolvenza si sostanzia nella valutazione complessiva dello stato di impotenza patrimoniale al regolare adempimento delle obbligazioni, che può essere condotto alla stregua dell'inadempimento anche solo di un credito ingente, il quale sia indicativo dello stato d'illiquidità.
(Cassazione Civile, 28 marzo 2018, n. 7589)
Divorzio e indennità fine rapporto
L'ex moglie non ha diritto alla percezione di una quota di TFR appartenente al consorte, ai sensi dell'art. 12 -bis legge n. 898/1970, se il ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio viene proposto in un arco cronologico successivo alla maturazione del diritto di TFR in capo al marito.
(Cassazione Civile, ordinanza 22 marzo 2018, n. 7239)
L’omessa presentazione delle osservazioni ex art. 95, comma II, L.F. non comporta acquiescenza allo stato passivo
Nel giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare, il creditore, il cui credito sia stato escluso, oppure ridotto, nel progetto predisposto dal curatore, può proporre eccezioni e depositare i documenti ritenuti rilevanti, pure nell'ipotesi ove non abbia presentato alcuna preventiva osservazione ai sensi dell’art. 95, II comma, legge fallimentare, dovendosi escludere che l’omesso esercizio di tale facoltà comporti il prodursi di preclusioni, attesa la non equiparabilità del citato giudizio a quello d’appello, con conseguente inapplicabilità dell’art. 345 del codice di rito civile.
(Cassazione Civile, 24 agosto 2016, n. 17286)
Condanna per lite temeraria
Agire o resistere in giudizio con mala fede o colpa grave vuol dire azionare la propria pretesa, o resistere a quella avversa, con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione; ovvero senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione.
(Cassazione Civile, ordinanza 3 aprile 2018, n. 8064)