Procreazione medicalmente assistita: il consenso dell’uomo non può essere revocato dopo la fecondazione

Vanno respinte le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, ultimo periodo, della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui non prevede, successivamente alla fecondazione dell'ovulo, un termine per la revoca del consenso, atteso che l'irrevocabilità del consenso appare funzionale a salvaguardare innanzitutto preminenti interessi. L'accesso alla Procreazione medicalmente assistita (PMA) comporta infatti per la donna il grave onere di mettere a disposizione la propria corporalità, con un importante investimento fisico ed emotivo in funzione della genitorialità che coinvolge rischi, aspettative e sofferenze, e che ha un punto di svolta nel momento in cui si vengono a formare uno o più embrioni. Corpo e mente della donna sono quindi inscindibilmente interessati in questo processo, che culmina nella concreta speranza di generare un figlio, a seguito dell'impianto dell'embrione nel proprio utero. A questo investimento, fisico ed emotivo, che ha determinato il sorgere di una concreta aspettativa di maternità, la donna si è prestata in virtù dell'affidamento in lei determinato dal consenso dell'uomo al comune progetto genitoriale. Se è pur vero che dopo la fecondazione la disciplina dell'irrevocabilità del consenso si configura come un punto di non ritorno, che può risultare freddamente indifferente al decorso del tempo e alle vicende della coppia, è anche vero che la centralità che lo stesso consenso assume nella PMA, comunque garantita dalla legge, fa sì che l'uomo sia in ogni caso consapevole della possibilità di diventare padre; ciò che rende difficile inferire, nella fattispecie censurata dal giudice a quo, una radicale rottura della corrispondenza tra libertà e responsabilità. Ove, dunque, si considerino la tutela della salute fisica e psichica della madre, e anche la dignità dell'embrione risulta non irragionevole la compressione, in ordine alla prospettiva di una paternità, della libertà di autodeterminazione dell'uomo.

(Corte Costituzionale, 24 luglio 2023, n. 161)


Danno alla reputazione: nessuna riduzione anche se la decisone per estratto è pubblicata sui siti giornalistici

L'ordine di pubblicazione della decisione per estratto su siti giornalistici a norma dell'art. 120 c.p.c., costituisce l'oggetto di un potere discrezionale del giudice, e quindi una sanzione autonoma che, grazie alla conoscenza da parte della collettività della reintegrazione del diritto offeso, assolve alla funzione riparatoria in via preventiva rispetto all'ulteriore propagazione degli effetti dannosi dell'illecito, diversamente dal risarcimento del danno per equivalente che mira al ristoro di un pregiudizio già verificatosi: onde, in tema di lesione del diritto all'immagine e alla reputazione, la quantificata entità del corrispondente danno risarcibile non può essere certo automaticamente ridotta per effetto della pubblicazione della sentenza sui quotidiani.

(Cassazione Civile, ordinanza, 20 luglio 2023, n. 21651)


Sui criteri da utilizzare per valutare l’interesse del minore al trasferimento della residenza

In tema di trasferimento della residenza abituale del minore, laddove non sia intervenuto un accordo condiviso tra i genitori, spetta al giudice decidere tenendo conto unicamente del superiore interesse del minore. Interesse superiore che deve essere ricercato dal giudice sulla base di una serie di criteri elaborati dalla giurisprudenza tra i quali si evidenziano: le sostanziali motivazioni al trasferimento del genitore prevalentemente collocatario, i tempi e le modalità di frequentazione tra figlio e genitore non collocatario, la eventuale disponibilità del genitore non collocatario a trasferirsi per consentire di mantenere la propria funzione genitoriale e, infine, la valutazione circa la salvaguardia delle relazioni tra il minore e le altre figure chiave della propria esistenza.

(Tribunale di Como, 13 luglio 2023)


Nessun risarcimento a chi cade a bordo piscina camminando a piedi nudi

Non spetta alcun risarcimento alla cliente caduta a terra dopo essere scivolata mentre camminava a piedi nudi sul bordo della piscina di un centro termale. Si tratta infatti di un comportamento incauto, come tale idoneo a rompere il vincolo causale tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, considerando che sebbene sussista la pericolosità del bordo della piscina al contempo detta pericolosità doveva essere agevolmente prevedibile e percepibile dalla danneggiata.

(Cassazione Civile, ordinanza, 20 luglio 2023, n. 21675)


Le spese sostenute prima del matrimonio non devono essere restituite dopo la separazione

Poiché durante il matrimonio ciascun coniuge è tenuto a contribuire alle esigenze della famiglia in misura proporzionale alle proprie sostanze, secondo quanto previsto dagli artt. 143 e 316-bis, comma 1, c.c., a seguito della separazione non sussiste il diritto al rimborso di un coniuge nei confronti dell'altro per le spese sostenute in modo indifferenziato per i bisogni della famiglia durante il matrimonio. Le spese effettuate prima del matrimonio sono irripetibili, essendo state utilizzate in vista delle nozze e non potendo trovare applicazione l'art. 785 c.c..

(Cassazione Civile, ordinanza, 19 luglio 2023, n. 21100)


Attraversamento imprevedibile del pedone: nessuna colpa in capo al conducente

L'accertamento del comportamento colposo del pedone investito da veicolo non è sufficiente per l'affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l'investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall'art. 2054, primo comma, cod. civ., dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e tenendo conto che, a tal fine, neanche rileva l'anomalia della condotta del primo, ma occorre la prova che la stessa non fosse ragionevolmente prevedibile e che il conducente abbia adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto (tanto si verifica quando il pedone appare all’improvviso sulla traiettoria del veicolo che procede regolarmente sulla strada, rispettando tutte le norme della circolazione stradale e quelle di comune prudenza e diligenza).

(Cassazione Civile, ordinanza, 13 luglio 2023, n. 20140)


Anche in assenza dell’elemento soggettivo il contraffattore deve restituire gli utili

Il titolare del diritto di privativa che lamenti la sua violazione ha facoltà di chiedere, in luogo del risarcimento del danno da lucro cessante, la restituzione (cd. retroversione") degli utili realizzati dall'autore della violazione, con apposita domanda ai sensi dell'art. 125 c.p.i., senza che sia necessario allegare specificamente e dimostrare che l'autore della violazione abbia agito con colpa o con dolo. Al riguardo, il soggetto contraffattore, pur avendo agito in mancanza dell'elemento soggettivo (doloso o colposo), deve comunque restituire al titolare gli utili che ha realizzato nella propria attività di violazione, per effetto del rimedio restitutorio, volto a salvaguardare il titolare di un diritto di privativa che rimarrebbe altrimenti privo di tutela laddove la contraffazione fosse causata in assenza dell'elemento soggettivo del dolo e della colpa.

(Cassazione Civile, 18 luglio 2023, n. 20800)


Costruzioni di edifici: presupposti per poter proporre l’azione ex art. 2043 Cod. Civ.

Sul presupposto che la responsabilità ex art. 1669 c.c. è speciale rispetto a quella prevista dalla norma generale di cui all'art. 2043 c.c., ne consegue che, avuto riguardo alla costruzione di un edificio, quest'ultima può essere invocata soltanto ove non ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi della responsabilità prevista per l'appunto dall'art. 1669 c.c., ma, pur tuttavia, non al fine di superare i limiti temporali entro cui l'ordinamento positivo ne consente l'operatività, ovvero senza poter "aggirare" lo speciale regime di prescrizione e decadenza che la caratterizza.

(Cassazione Civile, 17 luglio 2023, n. 20450)


Esercizio del diritto di prelievo e la prova del carattere personalissimo del denaro

Ai fini dell’esercizio del diritto di prelievo di cui all’art. 195 c.c., la prova del carattere personalissimo del denaro deve essere accompagnata da indicazioni (anche presunzioni) relative alla conservazione di quel denaro e al suo non impiego per i bisogni della famiglia perché in mancanza deve presumersi che il denaro che residua è comune. E' indispensabile, quindi, che il coniuge titolare distingua preventivamente, nel patrimonio liquido, quanto denaro è stato prodotto da frutti dei beni propri e dai proventi conseguiti durante il matrimonio e quanto denaro, appartenendogli prima del matrimonio o provenendo da titoli elencati nell'art. 179, sia andato a costituire una sorta di patrimonio separato.

(Cassazione Civile, 13 luglio 2023, n. 20066)


Liquidazione controllata: nessuna prededuzione per il compenso dell’avvocato che assiste il debitore

Tenuto conto che nella liquidazione controllata il ricorso per l’apertura di detta procedura può essere presentato “personalmente dal debitore, con l’assistenza dell’OCC”, la relativa assistenza di avvocato e consulente non risulta necessaria, per cui i relativi compensi non sono assistiti dalla prededuzione, considerato, inoltre, che l’art. 6 lett. a) CCII limita ora espressamente la prededucibilità alle spese e ai compensi per le prestazioni rese dall’OCC, nulla invece prevedendo per gli altri professionisti che abbiano in vario modo assistito il ricorrente nella predisposizione e/o presentazione del piano.

(Tribunale Ascoli Piceno, 13 Luglio 2023, Dott. Sirianni)