L'iscrizione ipotecaria non sospende la prescrizione
L'efficacia interruttiva della prescrizione in relazione al compimento di atti giudiziali si riferisce soltanto agli atti processuali tipici e specificamente enumerati, quali l'atto introduttivo del giudizio o la domanda proposta nel corso del giudizio; l'iscrizione dell'ipoteca non è quindi idonea ad interrompere la prescrizione che, peraltro, ha durata quinquennale ai sensi art. 3 l. n. 335/1995 ed in ragione della natura amministrativa della cartella di pagamento e/o dell'avviso di addebito.
(Cassazione Civile, 3 settembre 2020, n. 18305)
Diritti di immagine fatti valere in giudizio dagli eredi
La riproduzione dell’immagine senza il consenso della persona ritratta può avvenire se giustificata dall'interesse pubblico, che non ricorre ove siano pubblicate immagini tratte da un film e la pubblicazione avvenga in un cotesto diverso dall'opera cinematografica. In ogni caso, non è mai ammissibile la diffusione assentita dell’immagine altrui, laddove la stessa sia avvenuta per finalità di lucro, venendo in tal caso a mancare l’interesse pubblico alla divulgazione (è stato quindi interdetto l’utilizzo da parte di una società dell’immagine della nota attrice Audrey Hepburn al fine di apporla su capi di abbigliamento successivamente esposti e commercializzati, oltre che nei punti vendita, anche sull’e-commerce dell’azienda).
(Tribunale di Torino, Sezione specializzata in materia di Impresa, 27 febbraio 2019, n. 940)
Sull'ordine di rimozione di contenuti diffamatori da Facebook e Instagramm
E’ legittima l’ordinanza cautelare con cui è stato ordinato alle piattaforme dei social network Instagram e Facebook di rimuovere a livello mondiale i contenuti diffamatori pubblicati da un utente a danno di un altro utente, con condanna delle stesse, in via solidale, alla rifusione delle spese di lite (nel caso in esame un manager era stato diffamato dall’ex compagna mediante le piattaforme dei social Instagram e Facebook).
(Tribunale di Milano, ordinanza 17 giugno 2020, n. 12616)
Effetti della desistenza sul procedimento fallimentare
In tema di dichiarazione di fallimento, la desistenza del creditore istante, non accompagnata dall'estinzione dell'obbligazione, in quanto atto di natura meramente processuale rivolto, al pari della domanda iniziale, al giudice, è inidonea a spiegare i propri effetti qualora venga depositata allorché il procedimento prefallimentare sia stato definito con la deliberazione della decisione, anche se questa non sia stata ancora pubblicata.
(Cassazione Civile, 30 giugno 2020, n. 13187)
Clausola compromissoria statutaria e azione di responsabilità del curatore
In caso di fallimento di una società, la clausola compromissoria contenuta nello statuto della stessa non è applicabile all'azione di responsabilità proposta dal curatore ai sensi dell’art. 146 della legge fall. (ex aliis Cass. n. 19308-14, Cass. n. 28533-18). Tale inoperatività deriva dal contenuto unitario e inscindibile della predetta azione, quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale previsto a garanzia sia dei soci che dei creditori sociali, nel quale confluiscono, con connotati di autonomia e con la modifica della legittimazione attiva, sia l’azione prevista dall'art. 2393 cod. civ. che quella di cui all'art. 2394 cod. civ., in riferimento alla quale la clausola compromissoria non può operare per il semplice fatto che i creditori sono terzi rispetto alla società.
(Cassazione Civile, 23 luglio 2020, n. 15830)
Pedone e superamento della presunzione di colpa del conducente
La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore, prevista dall'art. 2054, comma 1, c.c., non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, e, dunque, non preclude, anche nel caso in cui il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, l'indagine sull'imprudenza e pericolosità della condotta del pedone investito, che va apprezzata ai fini del concorso di colpa, ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., ed integra un giudizio di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se sorretto da adeguata motivazione (respinta, nella specie, la richiesta di risarcimento avanzata dai familiari di un uomo morto dopo essere stato investito da diverse macchine su una strada statale dove stava transitando a piedi e di sera; rilevante il fatto che l'uomo fosse evidentemente ubriaco circa un'ora prima dell'incidente mortale).
(Cassazione Civile, 28 agosto 2020, n. 17985)
Non poter usare il telefono non lede un diritto fondamentale della persona
Il danno non patrimoniale è risarcibile solo in due casi, ossia quando la sua risarcibilità sia espressamente ammessa dalla legge, o quando la sua risarcibilità sia implicitamente ammessa dalla legge. Quest'ultima ipotesi si verifica allorché il fatto illecito abbia vulnerato un diritto fondamentale della persona. Affinché una situazione giuridica soggettiva possa qualificarsi come "diritto fondamentale della persona" sono necessari due requisiti; il primo è che tale diritto riguardi la persona e non il suo patrimonio e, in generale, la forzosa rinuncia al godimento di un bene materiale non costituisce lesione di un diritto della persona, salva l'ipotesi estrema in cui il fatto illecito abbia privato la vittima del godimento di beni materiali sì, ma essenziali qoad vitam: l'acqua, l'aria, il cibo, l'alloggio, i farmaci. Il secondo requisito da accertare, affinché un diritto della persona possa dirsi fondamentale, è che l'esercizio di esso non possa essere impedito, senza per ciò solo sopprimere o limitare la dignità o la libertà dell'essere umano. In forza di detti principi l'impossibilità di usare il telefono non lede la dignità della persona né la sua libertà né il suo diritto di comunicare, visto che si può ricorrere a un telefono sostituivo.
(Cassazione Civile, ordinanza 27 agosto 2020, n. 17894)
Responsabilità della P.A. per il danno derivante dalla lesione dell’affidamento nella correttezza dell’azione amministrativa
Spetta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria la controversia relativa ad una pretesa risarcitoria fondata sulla lesione dell'affidamento del privato nell'emanazione di un provvedimento amministrativo a causa di una condotta della pubblica amministrazione che si assume difforme dai canoni di correttezza e buona fede, atteso che la responsabilità della P.A. per il danno prodotto al privato quale conseguenza della violazione dell’affidamento dal medesimo riposto nella correttezza dell’azione amministrativa sorge da un rapporto tra soggetti (la pubblica amministrazione ed il privato che con questa sia entrato in relazione) inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale, secondo lo schema della responsabilità relazionale o da "contatto sociale qualificato", inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c., e ciò non solo nel caso in cui tale danno derivi dalla emanazione e dal successivo annullamento di un atto ampliativo illegittimo, ma anche nel caso in cui nessun provvedimento amministrativo sia stato emanato, cosicché il privato abbia riposto il proprio affidamento in un mero comportamento dell'amministrazione.
(Cassazione Civile, 28 aprile 2020, n. 8236)
Tutela del consumatore e difetti di conformità del bene
In tema di vendita di beni di consumo, si applica innanzitutto la disciplina del codice del consumo (art. 128 e ss.), potendosi applicare la disciplina del codice civile in materia di compravendita solo per quanto non previsto dalla normativa speciale, attesa la chiara preferenza del legislatore per la normativa speciale ed il conseguente ruolo "sussidiario" assegnato alla disciplina codicistica. Si presume che i difetti di conformità, che si manifestino entro sei mesi dalla consegna del bene, siano sussistenti già a tale data, sicché è onere del consumatore allegare la sussistenza del vizio, gravando sulla controparte l'onere di provare la conformità del bene consegnato rispetto al contratto di vendita. Superato il suddetto termine, trova nuovamente applicazione la disciplina generale posta in materia di onere della prova posta dall'art. 2697 c.c..
(Cassazione Civile, 30 giugno 2020, n. 13148)
Rientra nei poteri dell'amministratore sottoscrivere una fideiussione se lo prevede l’oggetto sociale
L'amministratore di una società di persone ha il potere di sottoscrivere una fideiussione quando nell'oggetto sociale è prevista la possibilità di rilascio di garanzie a favore di terzi, non essendo necessario verificare la strumentalità della stessa rispetto all'oggetto sociale.
(Cassazione Civile, 8 luglio 2020, n. 14254)