Come si determina il compenso dell’avvocato per l’attività stragiudiziale

Con riferimento all'attività stragiudiziale svolta dall'avvocato, in caso di mancato compimento dell'incarico stragiudiziale affidatogli, spetta al predetto il diritto di ricevere il compenso relativo all'attività concretamente svolta, qualora ne venga accertata l'idoneità a conseguire il risultato programmato dalle parti, da determinarsi, soltanto in mancanza di accordo tra le parti, sulla base delle voci tariffarie relative alle singole prestazioni rese o, in mancanza, in via equitativa, ai sensi dell'art. 2233 c.c..

(Cassazione Civile, 6 febbraio 2024, n. 3492)


Avvocati stabiliti e trasparenza nell’uso del titolo

Va confermata la sanzione disciplinare inflitta per l'uso indebito del titolo di avvocato ad un legale che partecipa ad un'udienza omettendo di esplicitare la propria qualità di avvocato stabilito e l'iscrizione presso l'organizzazione professionale o la giurisdizione presso la quale era stato ammesso a patrocinare in Spagna.

(Cassazione Civile, 19 gennaio 2024, n. 2068)


L’avvocato difesosi in proprio ha diritto al compenso per la prestazione resa

La circostanza che l'avvocato si sia avvalso della facoltà di difesa personale prevista dall'art. 86 c.p.c. non incide sulla natura professionale dell'attività svolta e, pertanto, non esclude che il giudice debba liquidare in suo favore, secondo le regole della soccombenza e in base alle tariffe professionali, gli onorari stabiliti per la prestazione resa.

(Cassazione Civile, ordinanza, 8 novembre 2023, n. 31141)


Mancato o inesatto inserimento del contatto dell'avvocato nell'elenco telefonico: si al risarcimento del danno

Il mancato o inesatto inserimento nell'elenco telefonico dei dati di contatto dell'avvocato rileva, non tanto per la possibilità di continuare ad essere contattati dai clienti, quanto per il fatto di non poter essere contattato dalla nuova clientela. In tali termini si configura un danno da perdita di chance, suscettibile di valutazione equitativa.

(Cassazione Civile, 29 settembre 2023, n. 27633)


L’avvocato deve illustrare al cliente le questioni ostative riscontrate e quelle produttive di un rischio di conseguenze negative

Nell'ambito del dovere di diligenza rientrano i doveri di informazione, di sollecitazione e di dissuasione ai quali il professionista deve adempiere, sia all'atto dell'assunzione dell'incarico come nel corso del suo svolgimento, prospettando innanzitutto al cliente le questioni ostative riscontrate e/o produttive di un rischio di conseguenze negative o dannose, invitandolo a comunicare o a fornire elementi utili alla soluzione positiva delle questioni (confermata la responsabilità del legale di una società chiamata in un giudizio a risarcire i danni occorsi ad un paziente; tra la società e il legale intercorreva, infatti, un contratto di assistenza e consulenza legale e la società lamentava l'omessa evocazione in giudizio della compagnia di assicurazioni, nonché il mancato assolvimento degli obblighi di informazione, sollecitazione e dissuasione gravanti sull'avvocato).

(Cassazione Civile, 13 settembre 2023, n. 26470)


Il virus sul computer dell’avvocato non può essere considerato una causa per la rimessione in termini

In caso di tardiva proposizione dell'impugnazione, la parte non può invocare la rimessione in termini quando il ritardo sia dovuto a fatti imputabili al difensore, costituendo la sua negligenza un evento che attiene alla patologia del rapporto con il professionista (nella specie, la Corte ha ritenuto che l'allegato malfunzionamento della rete informatica dello studio professionale, addebitato dal ricorrente ad un virus informatico, che avrebbe criptato tutti i dati ed impedito l'accesso all'account di posta elettronica, non consentendo di visionare la notifica della sentenza impugnata, anche ove dimostrato, non sarebbe stato in ogni caso riconducibile ad un fattore estraneo alla parte, con i caratteri dell'assolutezza e causa in via esclusiva la tardività dell'impugnazione. Infatti, il file contenente la notifica della sentenza di primo grado, proveniente dal difensore della controparte, essendo stato conservato nel server della gestione di posta elettronica fino a quando il destinatario esterno non avesse deciso di scaricarlo o di cancellarlo, ben poteva essere consultato dal difensore del ricorrente tramite l'utilizzo di altro computer, non collegato alla rete informatica dello studio professionale).

(Cassazione Civile, 7 luglio 2023, n. 19384)


Se l'inadempimento dell'avvocato non è estremamente grave non è giustificata la risoluzione del contratto

L'inadempimento del professionista nei riguardi del cliente non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile cui mira quest'ultimo, ma soltanto dalla violazione da parte del professionista del dovere di diligenza inerente ed adeguato alla natura dell'attività esercitata; nel senso che l'affermazione della sua responsabilità implica l'indagine - positivamente svolta sulla base degli elementi di prova che il cliente ha l'onere di fornire - circa il sicuro e chiaro fondamento dell'azione che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata, e, in definitiva, la certezza morale che gli effetti di una diversa sua attività sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente (esclusa, nella specie, la responsabilità del professionista che non aveva informato il cliente del deposito di un prospetto di pagamenti effettuato dalla controparte).

(Cassazione Civile, ordinanza, 23 giugno 2023, n. 11801)


Convenzione avvocato – assicurazione: i compensi per gli incarichi di volta in volta conferiti devono essere domandati in un unico giudizio

In presenza di un'unica convenzione conclusa dall'avvocato con il suo cliente, che disciplini, nell'ambito di un rapporto continuativo ed unitario, i criteri di quantificazione dei compensi per gli incarichi di volta in volta conferiti, il pagamento di tutti i compensi, ancorché relativi ad incarichi professionali diversi, deve essere domandato in un unico giudizio; non è consentito, infatti, al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un "unico rapporto obbligatorio", proporre plurime richieste giudiziali di adempimento.

(Cassazione Civile, 12 giugno 2023, n. 16508)


Compenso avvocato: non può essere liquidata dal Giudice una cifra inferiore al preventivo firmato dal cliente

Deve essere accolto il ricorso dell'avvocato che si è visto liquidare un compenso inferiore dal giudice rispetto alla cifra indicata nel preventivo sottoscritto dal cliente, per l'attività prestata in un procedimento di mediazione familiare e per la difesa in un successivo giudizio civile., atteso che deve essere cassata la decisone dei giudici del merito i quali non hanno dato conto delle ragioni per le quali hanno ritenuto congruo il compenso liquidato e privi di valenza probatoria i preventivi accettati e sottoscritti dalla parte, avendo immotivatamente riconosciuto un importo notevolmente inferiore a quello concordato dalle parti.

(Cassazione Civile, 8 maggio 2023, n. 12105)


E’ abusiva la clausola di un contratto stipulato tra avvocato e cliente-consumatore che fissa il prezzo dei servizi secondo la tariffa oraria

L'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, come modificata dalla direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, deve essere interpretato nel senso che: rientra nell'ambito di applicazione di tale disposizione la clausola di un contratto di prestazione di servizi legali stipulato tra un avvocato e un consumatore che fissi il prezzo dei servizi forniti secondo il principio della tariffa oraria. L'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, come modificata dalla direttiva 2011/83, deve essere interpretato nel senso che: non soddisfa l'obbligo di formulazione chiara e comprensibile, ai sensi di tale disposizione, la clausola di un contratto di prestazione di servizi legali stipulato tra un avvocato e un consumatore che fissi il prezzo di tali servizi secondo il principio della tariffa oraria senza che siano comunicate al consumatore, prima della conclusione del contratto, informazioni che gli consentano di prendere la sua decisione con prudenza e piena cognizione delle conseguenze economiche derivanti dalla conclusione di tale contratto. L'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, come modificata dalla direttiva 2011/83, deve essere interpretato nel senso che: la clausola di un contratto di prestazione di servizi legali stipulato tra un avvocato e un consumatore che fissi, secondo il principio della tariffa oraria, il prezzo di tali servizi e che rientri, pertanto, nell'oggetto principale di detto contratto, non deve essere considerata abusiva per il solo fatto che non soddisfa l'obbligo di trasparenza di cui all'articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva, come modificata, a meno che lo Stato membro il cui diritto nazionale si applica al contratto di cui trattasi abbia espressamente previsto, conformemente all'articolo 8 di detta direttiva, come modificata, che la qualificazione come clausola abusiva discenda da questo solo fatto. L'articolo 6, paragrafo 1, e l'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, come modificata dalla direttiva 2011/83, devono essere interpretati nel senso che: qualora un contratto di prestazione di servizi legali stipulato tra un avvocato e un consumatore non possa sussistere dopo la soppressione di una clausola dichiarata abusiva che fissi il prezzo dei servizi secondo il principio della tariffa oraria, e tali servizi siano già stati forniti, essi non ostano a che il giudice nazionale ripristini la situazione in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza di tale clausola, anche quando ciò comporti che il professionista non percepisca alcun compenso per i suoi servizi. Nell'ipotesi in cui l'invalidazione del contratto nella sua interezza esponga il consumatore a conseguenze particolarmente dannose, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, tali disposizioni non ostano a che il giudice nazionale sani la nullità di detta clausola sostituendola con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva o applicabile in caso di accordo tra le parti di detto contratto. Per contro, tali disposizioni ostano a che il giudice nazionale sostituisca la clausola abusiva dichiarata nulla con una stima giudiziaria del livello del compenso dovuto per detti servizi (la Corte si è così pronunciata nella controversia tra un legale ed il suo cliente, il quale riteneva vessatoria la pattuizione del compenso su base oraria; infatti si era rifiutato di saldare e di onorare i 5 contratti stipulati col legale attore relativi a procedimenti civili e penali connessi alla causa di divorzio dalla moglie)..

(Corte di Giustizia UE, 12 gennaio 2023, n. 395)