Preventiva informazione circa la possibilità di risolvere la lite in mediazione

È annullabile il contratto di incarico professionale stipulato tra cliente ed avvocato, nonostante il difensore - che aveva omesso di assolvere l'obbligo informativo di cui all'art. 4, comma 3, d.lg. n. 28/2010 in materia di mediazione - abbia richiesto la corresponsione del proprio compenso solo in virtù della redazione di una semplice bozza di atto giudiziale mai più depositato.

(Cassazione Civile, 5 dicembre 2019, n. 31852)


Illegittimità della sanzione inflitta all’avvocato che abbia criticato e denunciato nelle opportune sedi il comportamento parziale e/o razzista di un giudice

La sanzione inflitta ad un legale che, nell'esercizio del suo mandato difensivo e nell'interesse del cliente, abbia criticato e denunciato nelle opportune sedi il comportamento parziale e/o razzista di un giudice, non solo è sproporzionata e contraria a quanto necessario in uno Stato democratico, ledendo la sua libertà di espressione ex art. 10 Cedu, ma ha anche un effetto dissuasivo sull'intera categoria professionale. Infatti gli avvocati sarebbero, così, dissuasi dall'accettare difese tecniche, con conseguente ed ovvia lesione del diritto di accesso alla giustizia della collettività.

(Corte Europea Diritti dell'Uomo, 08 ottobre 2019, n. 24845)


Obblighi informativi dell’avvocato

Nell'adempimento dell'incarico professionale conferitogli, l'obbligo di diligenza da osservare ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1176, comma 2 e 2236 c.c. impone all'avvocato di assolvere, sia all'atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, anche ai doveri di sollecitazione, dissuasione e informazione del cliente. Egli è tenuto a rappresentare a quest'ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato o comunque produttive del rischio di effetti dannosi, di richiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso, a sconsigliarlo dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole.

(Cassazione Civile, 19 luglio 2019, n. 19520)


La procura alle liti di cui all'art. 83 C.p.C., sebbene sia un indizio del conferimento dell’incarico

La procura alle liti è un negozio unilaterale con il quale il difensore ha il potere di rappresentare la parte in giudizio. Il contratto di patrocinio è un mandato professionale con il quale il cliente conferisce incarico al proprio difensore di svolgere l’opera professionale. Data tale diversità, la procura alle liti non è indispensabile per la conclusione del contratto di patrocinio e il conferimento della procura alle liti non coincide con la conclusione del contratto di patrocinio. Il compenso professionale spetta al difensore che abbia concluso un contratto di patrocinio.

(Cassazione Civile, ordinanza 11 marzo 2019 n. 6905)


Illecito deontologico permanente e prescrizione della violazione

L'avvocato che si appropria dell'importo dell'assegno emesso a favore del cliente, omettendo persino di informarlo dell'esito del processo, realizza una condotta che viola la norma deontologica continuamente e che si protrae fino alla messa a disposizione del cliente delle somme dovute.

(Cassazione Civile, 21 febbraio 2019, n. 5200)


Avvocato di sé stesso e diritto alla liquidazione del compenso

Nei giudizi in cui è consentita alla parte la difesa personale, ex art. 82 c.p.c., è onere dell'interessato, che rivesta la qualità di avvocato, specificare a che titolo intenda partecipare al processo, poiché (a prescindere dal profilo fiscale), mentre la parte che sta in giudizio personalmente non può chiedere che il rimborso delle spese vive sopportate, il legale, ove manifesti, appunto, l'intenzione di operare come difensore di sé medesimo ex art. 86 c.p.c., ha diritto alla liquidazione delle spese secondo la tariffa professionale.

(Cassazione Civile, 21 gennaio 2019, n. 1518)


Può testimoniare l’ex avvocato rinunciante al mandato

Non sussiste incompatibilità tra l’ufficio di testimone e la posizione del difensore della parte che abbia rinunciato al mandato prima di deporre.

(Cassazione Civile, ordinanza 6 dicembre 2017, n. 29301)


Strategia difensiva deficitaria dell'avvocato: risoluzione del contratto e restituzione dell'acconto versato

In tema di risoluzione del contratto di prestazione d’opera professionale, qualora la strategia difensiva scelta dall'avvocato si mostri tanto deficitaria da integrare l’importanza dell’inadempimento che, ai sensi dell’art. 1455 c.c., rappresenta idoneo presupposto per l’invocata risoluzione del contratto, la risoluzione dello stesso, ai sensi dell’art. 1458 c.c., determina il venir meno del diritto al compenso dell’avvocato, la restituzione dell’acconto versato e la conseguente revoca del decreto ingiuntivo eventualmente opposto (nel caso di specie, proponendo un’eccezione di prescrizione ambigua e non indicando le circostanze da cui desumere il momento da cui la prescrizione era cominciata a decorrere, l’avvocato ha – in sostanza – vanificato l’unica difesa proposta nell'interesse del cliente).

(Tribunale di Rimini, 16 novembre 2017)


L’avvocato e il rapporto con la controparte

Ove la controparte non sia assistita da alcun difensore, deve ritenersi che all'avvocato sia precluso ogni contatto, proprio perché la stessa si trova in una situazione di evidente vulnerabilità.

(Cassazione Civile, Sezioni Unite, 30 gennaio 2018, n. 2273)


Per il risarcimento del danno a carico dell’avvocato non basta l’errore del professionista ma occorre la prova di resistenza

In materia di azione di responsabilità nei confronti di un professionista, l'agente è tenuto a provare sia di aver sofferto un danno, sia che questo sia stato causato dalla insufficiente o inadeguata o negligente attività del professionista, e cioè dalla sua difettosa prestazione professionale. In particolare, trattandosi dell'attività del difensore, l'affermazione della sua responsabilità implica la valutazione positiva che alla proposizione di una diversa azione, o al diligente compimento di determinate attività sarebbero conseguiti effetti più vantaggiosi per l'assistito, non potendo viceversa presumersi dalla negligenza del professionista che tale sua condotta abbia in ogni caso arrecato un danno, come pure, in caso di omesso svolgimento di un'attività professionale va provato non solo il danno subito, ma anche il nesso eziologico tra esso e la condotta del professionista, in quanto non è ravvisabile alcuna essenziale diversità tra l'ipotesi di inesatto adempimento del professionista e l'ipotesi di adempimento mancato.

(Tribunale di Parma, 12 giugno 2017 n. 1050)