Compravendita e vizi preesistenti: l’onere della prova sui vizi del bene spetta al compratore
L'azione di garanzia per i vizi della cosa venduta si distingue dall'azione di adempimento o di esatto adempimento della vendita per i presupposti e per gli effetti: la garanzia si riferisce solo ai vizi che esistevano già prima della conclusione del contratto e la relativa azione abilita normalmente il compratore a chiedere, a sua scelta, la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo; laddove ogni vizio posteriore alla conclusione del contratto può dar luogo solo all'esatto adempimento della obbligazione di consegnare e rendere esperibile l'ordinaria azione contrattuale di risoluzione o di adempimento, la quale prescinde dai termini di decadenza o di prescrizione cui è soggetta l'azione di garanzia. La prova della preesistenza dei vizi al momento del contratto grava - quindi - sul compratore, in coerenza con il principio per cui l'obbligo di garanzia dà luogo ad una responsabilità speciale interamente disciplinata dalle norme sulla vendita, che pone il venditore in situazione non tanto di obbligazione, quanto di soggezione, esponendolo all'iniziativa del compratore, intesa alla modificazione del contratto od alla sua caducazione mediante l'esperimento, rispettivamente, della "actio quanti minoris" o della "actio redibitoria".
(Cassazione Civile, 29 maggio 2023, n. 14895)
Il promotore finanziario danneggia l’investitrice imprudente: la banca non risponde
Gli istituti di credito rispondono dei danni arrecati a terzi dai propri incaricati nello svolgimento delle incombenze loro affidate quando il fatto illecito commesso sia connesso per occasionalità necessaria all'esercizio delle mansioni, ma la responsabilità dell'intermediario per i danni arrecati dai propri promotori finanziari è esclusa ove il danneggiato ponga in essere una condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore.
(Cassazione Civile, 17 maggio 2023, n. 13521)
Sulle azioni risarcitorie dell’appaltatore nell’ipotesi di “vendita a catena”
In tema di appalto, l'appaltatore si trova, rispetto ai materiali acquistati presso terzi e messi in opera in esecuzione del contratto, in una posizione analoga a quella dell'acquirente successivo nell'ipotesi della cd. "vendita a catena", potendosi, conseguentemente, configurare, in suo favore, due distinte fattispecie di azioni risarcitorie: quella contrattuale relativa ai danni propriamente connessi all'inadempimento in ragione del vincolo negoziale, deducibili con l'azione contrattuale ex art. 1494, comma 2 c.c. relativa alla compravendita (corrispondente, per l'appalto, a quella ex art. 1668 c.c.), e quella extracontrattuale per essere tenuto indenne di quanto versato al committente ex art. 1669 c.c., in ragione dei danni sofferti per i vizi dei materiali posti in opera.
(Cassazione Civile, ordinanza, 9 maggio 2023, n. 12337)
Contratto d’appalto nullo: nessuna responsabilità dell'appaltatore per negligenza nell'adempimento delle obbligazioni
La nullità del contratto di appalto concluso dalle parti elide in radice la configurabilità di un inesatto adempimento delle obbligazioni quando la causa della nullità stessa sia addebitabile alla committente. Non è configurabile, pertanto, una responsabilità contrattuale dell'appaltatore nei confronti della committente per negligenza nell'adempimento di obbligazioni che possono sorgere soltanto da un negozio valido e produttivo di effetti.
(Cassazione Civile, 4 maggio 2023, n. 11636)
E’ valida la penale purché determinabile
In materia di clausola penale, la prestazione posta a carico della parte inadempiente ai sensi dell'art. 1382 c.c. è soggetta all'applicazione della disciplina generale dell'oggetto del contratto, sicché può essere determinata o determinabile sulla base di un criterio predeterminato, quantunque la determinazione possa aver luogo soltanto ex post, in un momento successivo al consumarsi dell'inadempimento.
(Cassazione Civile, 3 maggio 2023, n. 11548)
La scrittura privata sottoscritta è prova dell’accordo simulatorio di donazione con riserva di usufrutto
Il contratto relativamente simulato si presenta come uno schema negoziale i cui effetti giuridici tipici sono meramente apparenti, perché in realtà parzialmente non voluti. Nella simulazione relativa, a fronte di un contratto simulato di cui non si vogliono gli effetti, ricorre quindi un contratto dissimulato a cui le parti intendono vincolarsi. In applicazione del principio generale contemplato dall’art.2697 c.c., l’onere di dimostrare la simulazione spetta alla parte che deduca che l’atto è simulato (ovvero al convenuto che in via di eccezione alleghi tale simulazione). Ai fini della prova tra le parti della simulazione di un negozio solenne basta però una scrittura privata, che soddisfa il requisito della forma scritta ad probationem tantum, benché per la stipulazione del contratto simulato sia prescritta la forma ad substantiam dell’atto pubblico, poiché le controdichiarazioni sono destinate a restare segrete e possiedono un’obiettività giuridica diversa dalla modificazione dei patti.
(Tribunale di Catania, 1 maggio 2023, n. 1889)
Condannato al risarcimento il mediatore che sottace le irregolarità urbanistiche
Il mediatore, ai sensi dell'art. 1759, comma 1, c.c., deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, o che avrebbe dovuto conoscere con l'uso della diligenza impostagli dalla natura professionale dell'attività esercitata, relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, che possano influire sulla conclusione di esso o determinare le parti a perfezionare il contratto a diverse condizioni; ne consegue che, ove l'affare sia concluso, può sussistere la responsabilità risarcitoria del mediatore in caso di mancata informazione del promissario acquirente circa l'esistenza di irregolarità urbanistiche o edilizie non ancora sanate relative all'immobile oggetto della promessa di vendita, dovendosi comunque verificare l'adempimento di tale dovere di informazione da parte del mediatore con esclusivo riferimento al momento stesso della conclusione dell'affare. Allorché l'affare sia concluso, la responsabilità risarcitoria del mediatore reticente o mendace può correlarsi al minore vantaggio o al maggiore aggravio patrimoniale derivanti dalle determinazioni negoziali della parte che siano state effetto del deficit informativo subito (indipendentemente dalla eventuale responsabilità concorrente della controparte contrattuale, quale, nella specie, quella del venditore per la violazione dell'impegno traslativo, che possa consentire al compratore di sperimentare i mezzi di tutela finalizzati al mantenimento dell'equilibrio del rapporto di scambio), o anche all'importo della provvigione corrisposta nella prospettiva di un affare che avrebbe richiesto una diversa valutazione economica per raggiungere gli scopi prefissi dal contraente.
(Cassazione Civile, 2 maggio 2023, n. 11371)
Il meccanico senza partita IVA deve essere comunque pagato
Nel caso di lavoratore autonomo, nella specie meccanico, ciò che rileva al fine del riconoscimento del corrispettivo per il lavoro prestato è la conclusione del contratto di lavoro autonomo, in quanto la nullità prevista dall'art. 2231 c.c. ricorre soltanto quando la prestazione espletata dal professionista rientri tra quelle riservate in via esclusiva ad una determinata categoria professionale, il cui esercizio sia subordinato per legge all'iscrizione in apposito albo o ad abilitazione: al di fuori di tali attività, vige, infatti, il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi, a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione. Pertanto, nel caso in esame, trattandosi di opera artigiana, non vi è alcuna norma di legge che subordina il diritto al compenso del meccanico all'iscrizione ad un albo: ne consegue che il lavoratore autonomo ha diritto di richiedere il pagamento per l'opera svolta, anche se privo di partita IVA, in quanto le eventuali violazioni di carattere tributario non incidono sugli aspetti civilistici.
(Cassazione Civile, 24 marzo 2023, n. 8450)
Nessun risarcimento al correntista vittima di phishing
Non può dubitarsi del comportamento decisamente imprudente e negligente del danneggiato, il quale aveva digitato i propri codici personali (verosimilmente richiestigli con un e-mail fraudolenta), in tal modo consentendo all'ignoto truffatore di successivamente utilizzarli, per effettuare una disposizione di bonifico dal conto del danneggiato (esclusa, nella specie, la restituzione delle somme prelevate da un conto corrente mediante bonifico online, atteso che la responsabilità era da addossarsi al danneggiato che aveva incautamente fornito i propri codici personali verosimilmente a causa di un'attività di phishing).
(Cassazione Civile, 13 marzo 2023, n. 7214)
Fideiussione con firma falsa: il debitore che se ne avvale ristora il garante
Nella polizza fideiussoria, la falsificazione della firma del legale rappresentante della società garantita non salva il debitore dall'obbligo di restituzione al fideiussore di quanto versato in sua vece qualora essa se ne sia comunque avvalsa.
(Cassazione Civile, 22 febbraio 2023, n. 5479)