Il danno biologico terminale
Nel caso in cui tra la lesione e la morte si interponga un apprezzabile lasso di tempo, tale periodo giustifica il riconoscimento, in favore del danneggiato, del cosiddetto danno biologico terminale, cioè il danno biologico stricto sensu (ovvero danno a bene salute), al quale, nell’unitarietà del genus del danno non patrimoniale, può aggiungersi un danno peculiare improntato alla fattispecie “danno morale -terminale”, ovvero il danno da percezione, concretizzabile sia nella sofferenza fisica derivante dalle lesioni, sia nella sofferenza psicologica (agonia) derivante dall’avvertita imminenza dell’exitus, se nel tempo che si dispiega tra la lesione ed il decesso la persona si trovi in una condizione di “lucidità agonica”, in quanto in grado di percepire la sua situazione e in particolare l’imminenza della morte, essendo quindi irrilevante, a fini risarcitori, il lasso di tempo intercorso tra la lesione personale e il decesso nel caso in cui la persona sia rimasta “manifestamente lucida”.
(Cassazione Civile, ordinanza 14 ottobre 2020, n. 22191)