Anche la prodigalità può essere sufficiente per la nomina dell’amministratore di sostegno
L'amministrazione di sostegno può pronunciarsi nell'interesse del beneficiario anche in presenza dei presupposti di interdizione ed inabilitazione, e dunque anche con riguardo alla prodigalità. La prodigalità è stata definita come un comportamento abituale caratterizza da larghezza nello spendere, nel regalare o nel rischiare in maniera eccessiva ed esorbitante rispetto alle proprie condizioni socio-economiche ed al valore oggettivamente attribuibile al denaro, indipendentemente da sua derivazione da specifica malattia o comunque infermità e, quindi, anche quando si traduca in atteggiamenti lucidi, espressione di libera scelta di vita, purché sia ricollegabile a motivi futili, ad esempio frivolezza, vanità, ostentazione del lusso, disprezzo per coloro che lavorano o a dispetto dei vincoli di solidarietà familiare. La prova della prodigalità può desumersi da presunzioni gravi, precise e concordanti, ricavate dal complesso degli indizi da valutarsi nel loro insieme.
(Cassazione Civile, ordinanza, 28 dicembre 2023, n. 36176)
Il divieto di contrarre matrimonio non si applica al beneficiario dell'amministrazione di sostegno
Colui che è sottoposto ad amministrazione di sostegno è pienamente capace in relazione agli atti per i quali non è prevista una specifica incapacità, e la sua condizione giuridica è differenziata da quella dell'interdetto, cosicché ne deve essere tenuta distinta la posizione, salvo nel caso in cui il giudice non compia una valutazione ad hoc in ordine alla necessità di assimilarne la tutela.
(Cassazione Civile, 2 ottobre 2023, n. 27691)
Procreazione medicalmente assistita: il consenso dell’uomo non può essere revocato dopo la fecondazione
Vanno respinte le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma 3, ultimo periodo, della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui non prevede, successivamente alla fecondazione dell'ovulo, un termine per la revoca del consenso, atteso che l'irrevocabilità del consenso appare funzionale a salvaguardare innanzitutto preminenti interessi. L'accesso alla Procreazione medicalmente assistita (PMA) comporta infatti per la donna il grave onere di mettere a disposizione la propria corporalità, con un importante investimento fisico ed emotivo in funzione della genitorialità che coinvolge rischi, aspettative e sofferenze, e che ha un punto di svolta nel momento in cui si vengono a formare uno o più embrioni. Corpo e mente della donna sono quindi inscindibilmente interessati in questo processo, che culmina nella concreta speranza di generare un figlio, a seguito dell'impianto dell'embrione nel proprio utero. A questo investimento, fisico ed emotivo, che ha determinato il sorgere di una concreta aspettativa di maternità, la donna si è prestata in virtù dell'affidamento in lei determinato dal consenso dell'uomo al comune progetto genitoriale. Se è pur vero che dopo la fecondazione la disciplina dell'irrevocabilità del consenso si configura come un punto di non ritorno, che può risultare freddamente indifferente al decorso del tempo e alle vicende della coppia, è anche vero che la centralità che lo stesso consenso assume nella PMA, comunque garantita dalla legge, fa sì che l'uomo sia in ogni caso consapevole della possibilità di diventare padre; ciò che rende difficile inferire, nella fattispecie censurata dal giudice a quo, una radicale rottura della corrispondenza tra libertà e responsabilità. Ove, dunque, si considerino la tutela della salute fisica e psichica della madre, e anche la dignità dell'embrione risulta non irragionevole la compressione, in ordine alla prospettiva di una paternità, della libertà di autodeterminazione dell'uomo.
(Corte Costituzionale, 24 luglio 2023, n. 161)
Troppo bassa e quindi esclusa dalla procedura per l'accesso alla funzione di capotreno: è discriminazione indiretta di genere
In tema di requisiti per l'assunzione, qualora in una norma secondaria sia prevista una statura minima identica per uomini e donne, in contrasto con il principio di uguaglianza perché presuppone erroneamente la non sussistenza della diversità di statura mediamente riscontrabile tra uomini e donne e comporta una discriminazione indiretta a sfavore di queste ultime, il giudice ordinario ne apprezza, incidentalmente, la legittimità ai fini della disapplicazione, valutando in concreto la funzionalità del requisito richiesto rispetto alle mansioni.
(Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 3 luglio 2023, n. 18668)
Diritto all’oblio: all'articolo di cronaca giudiziaria on-line deve essere apposta una sintetica nota che dia conto dell'assoluzione
In tema di trattamento dei dati personali e di diritto all'oblio, è lecita la permanenza di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, nell'archivio informatico di un quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di una inchiesta giudiziaria, poi sfociata nell'assoluzione dell'imputato, purché, a richiesta dell'interessato, l'articolo sia deindicizzato e non sia reperibile attraverso i comuni motori di ricerca, ma solo attraverso l'archivio storico del quotidiano e purché, a richiesta documentata dell'interessato, all'articolo sia apposta una sintetica nota informativa, a margine o in calce, che dia conto dell'esito finale del procedimento giudiziario in forza di provvedimenti passati in giudicato, in tal modo contemperandosi in modo bilanciato il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico con quello del titolare dei dati personali archiviati a non subire una indebita lesione della propria immagine sociale.
(Cassazione Civile, ordinanza, 31 gennaio 2023, n. 2893)
La pubblicazione di una foto in contesto “pubblico” non giustifica il risarcimento
La persona fotografata ad una pubblica manifestazione senza il suo consenso in una stazione ferroviaria ed in mezzo ad una folla anonima di passeggeri, tra cui anche numerosi partecipanti alla manifestazione nota come gay pride, avvenimento di interesse pubblico, non ha diritto al risarcimento, non essendo invero configurabile la sussistenza di un danno, in quanto in relazione al contesto la possibilità di essere individuato costituisce “rischio della vita” che non ci si può esimere dall’accettare.
(Cassazione Civile, ordinanza, 25 gennaio 2023, n. 2304)
Sui presupposti per sottoporre un soggetto al trattamento sanitario obbligatorio
Il Trattamento Sanitario Obbligatorio è un evento terapeutico straordinario, finalizzato alla tutela della salute mentale del paziente, che può essere legittimamente disposto solo dopo aver esperito ogni iniziativa concretamente possibile, sia pur compatibilmente con le condizioni cliniche, di volta in volta accertate e certificate, in cui versa il paziente - ed ove queste lo consentano - per ottenere il consenso del paziente ad un trattamento volontario. Si può intervenire con un trattamento sanitario obbligatorio anche a prescindere dal consenso del paziente se sono contemporaneamente presenti tre condizioni: l'esistenza di alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici; la mancata accettazione da parte dell'infermo degli interventi terapeutici proposti; l'esistenza di condizioni e circostanze che non consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extra-ospedaliere.
(Cassazione Civile, ordinanza, 11 gennaio 2023, n. 509)
Bullismo: è più grave se lo fa un amico
Da risarcire il danno morale provato da un ragazzo fragile e con problemi psichici, invitato a casa di un amico per giocare videogiochi e poi vittima di atti di bullismo da parte dei ragazzi. Il danno morale è tanto più grave non solo perché il ragazzo soffriva già di difficoltà relazionali e comportamentali a causa di problemi psichici e familiari, ma anche perché uno dei bulli era un ragazzo che la vittima considerava "amico". Questo rende odioso quanto commesso ai danni del giovane, perché ha incrinato la fiducia negli altri in un soggetto che già presentava problemi di relazione.
(Tribunale di Forlì, 23 settembre 2021)
Responsabilità medica, risarcimento in tema di consenso informato e onere probatorio
Nell'ipotesi di omessa o insufficiente informazione riguardante un intervento che non abbia cagionato danno alla salute del paziente e al quale è egli avrebbe comunque scelto di sottoporsi, nessun risarcimento sarà dovuto; nell'ipotesi di omissione o inadeguatezza informativa che non abbia cagionato danno alla salute del paziente ma che gli ha impedito tuttavia di accedere a più accurati attendibili accertamenti, il danno da lesione del diritto costituzionalmente tutelato all'autodeterminazione sarà risarcibile qualora il paziente alleghi che dalla omessa informazione siano comunque derivate conseguenze dannose, di natura non patrimoniale, in termini di sofferenza soggettiva e di contrazione della libertà di disporre di sé, in termini psichici e fisici.
(Cassazione Civile, 7 ottobre 2021, n. 27268)
Filiazione: sulla possibilità di indicare due donne quali genitori
Il riconoscimento di un minore, concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma non avente alcune legame biologico con il minore, si pone in contrasto con l’art. 4, comma 3, l. n. 40/04 e con l’esclusione del ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, non essendo consentita, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto.
(Cassazione Civile, 22 aprile 2020, n. 8029)