Nel processo il minore ha diritto di esprimere la propria opinione e di partecipare in prima persona
L'ascolto del minore è disegnato dall'art. 315-bis c.c. non come un atto istruttorio, ma come un diritto, esercitato dal minore capace di discernimento, di esprimere liberamente la propria opinione in merito a tutte le questioni e procedure che lo riguardano, vale a dire alle questioni che hanno incidenza sulla sua vita e sulla relazione familiare. Si tratta di un diritto personalissimo, della persona minore di età, attraverso il quale è assicurata, a prescindere dall'acquisto della capacità di agire, la libertà di autodeterminarsi, di esprimere la propria opinione e di partecipare in prima persona, e non solo tramite rappresentante, al processo.
(Cassazione Civile, ordinanza, 8 febbraio 2024, n. 3576)
Ai fini dell’assegno di divorzio va considerata anche la convivenza prematrimoniale
Ai fini dell’attribuzione e della quantificazione (ai sensi dell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970), dell’assegno divorzile, avente natura, oltre che assistenziale, anche perequativo-compensativa, nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza prematrimoniale della coppia, avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche, laddove emerga una relazione di continuità tra la fase «di fatto» di quella medesima unione e la fase «giuridica» del vincolo matrimoniale, va computato anche il periodo della convivenza prematrimoniale, ai fini della necessaria verifica del contributo fornito dal richiedente l’assegno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei coniugi, occorrendo vagliare l’esistenza, durante la convivenza prematrimoniale, di scelte condivise dalla coppia che abbiano conformato la vita all’interno del matrimonio e cui si possano ricollegare, con accertamento del relativo nesso causale, sacrifici o rinunce, in particolare, alla vita lavorativa/professionale del coniuge economicamente più debole, che sia risultato incapace di garantirsi un mantenimento adeguato, successivamente al divorzio.
(Cassazione Civile, Sezioni Unite, 18 dicembre 2023, n. 35385)
Occorre una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti per determinare l’assegno divorzile
Il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della l. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno; ed hanno soggiunto che il giudizio deve essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto.
(Cassazione Civile, 23 novembre 2023, n. 32610)
Quando la dedizione alle esigenze della famiglia va ricompensata con l’assegno divorzile
In tema di determinazione dell'assegno di divorzio il principio secondo il quale, sciolto il vincolo coniugale, ciascun ex coniuge deve provvedere al proprio mantenimento è derogato, oltre che nell'ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall'uno all'altro coniuge, ex post divenuto ingiustificato, che deve perciò essere corretto attraverso l'attribuzione di un assegno in funzione compensativo-perequativa, adeguato compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali e reddituali che il richiedente l'assegno ha l’onere di indicare specificamente e dimostrare nel giudizio (il Tribunale ha tenuto conto non solo del sacrificio dell'attività lavorativa della ricorrente la quale, per consentire al marito di dedicarsi completamente al lavoro -che comprendeva anche assenze da casa di più giorni-, rinunciò a lavorare per otto anni per dedicarsi alla crescita ed all'accudimento dei figli, ma anche del futuro deteriore trattamento pensionistico determinato dagli otto anni di vuoto contributivo).
(Tribunale di Ravenna, 20 ottobre 2023)
Sacrificate occasioni lavorative o di crescita professionale: si all’assegno divorzile
Per ottenere l'attribuzione dell'assegno divorzile non è necessario che il coniuge abbia abbandonato il lavoro per dedicarsi esclusivamente alla cura dei suoi cari, assumendo rilievo il semplice sacrificio di attività lavorativa o di occasioni professionali come, ad esempio, la scelta di lavorare part time o quella di optare per un lavoro meno remunerativo rispetto a un altro, che però lascia più tempo per seguire nel quotidiano il coniuge, i figli e la casa, come pure la decisione di rinunciare, per gli stessi motivi, a promozioni, a nuovi incarichi o ad avanzamenti di carriera.
(Cassazione Civile, 4 ottobre 2023, n. 27945)
Il coniuge che rinuncia all'eredità non perde automaticamente l'assegno divorzile
Il nostro ordinamento conosce il principio della libertà nella accettazione della eredità ex art. 470 c.c., involgendo questa sia scelte di convenienza economica - dato che l'erede è tenuto al pagamento dei debiti - nonché scelte di carattere personalissimo, legate alle relazioni con il de cuius. Pertanto, la rinuncia all'eredità da parte di uno dei coniugi non comporta automaticamente la perdita del rinunciante ad ottenere l'assegno di divorzio.
(Cassazione Civile, ordinanza, 16 maggio 2023, n. 13351)
Può essere concesso l’assegno di divorzio all’ex marito divenuto invalido
Ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile è sufficiente anche verificare, in concreto e all'attualità, l'esigenza assistenziale, che ricorre ove l'ex coniuge sia privo di risorse economiche bastanti a soddisfare le normali esigenze di vita, sì da vivere autonomamente e dignitosamente, e non possa in concreto procurarsele, pur se in ipotesi abbia già goduto in passato di risorse sufficienti ad assicurarne il sostentamento nel periodo intercorrente tra la separazione e il divorzio, posto che tanto la sussistenza di mezzi adeguati che la diligenza spesa nel tentativo di procurarseli sono da valutare alla attualità, tenendo conto delle condizioni personali, di salute e del contesto individuale ed economico in cui agisce il richiedente (fattispecie relativa all'accoglimento del ricorso avverso la sentenza di appello che aveva respinto la richiesta di assegno avanzata dall'ex marito, divenuto invalido e privo di redditi, sulla base del fatto che entrambi i coniugi lavoravano al momento della separazione).
(Cassazione Civile, 16 maggio 2023, n. 13420)
Il dovere di mantenimento della nuova famiglia incide sulla revisione dell’assegno divorzile
In sede di revisione ex art. 9 l. n. 898/1970 dell'assegno divorzile e di verifica delle circostanze sopravvenute che ne giustificano la revoca o la riduzione, deve essere vagliata anche la costituzione della nuova famiglia da parte dell'obbligato in rapporto alle eventuali esigenze di mantenimento del nuovo coniuge, considerando che gli obblighi gravanti su entrambi i coniugi verso la famiglia, ai sensi dell'art. 143 c.c., comprendono anche i figli nati dal precedente matrimonio di uno dei coniugi stessi, ove ne sia affidatario, il tutto sempre nell'ottica del necessario bilanciamento, rispetto al soggetto obbligato al versamento dell'assegno divorzile, tra i nuovi doveri di solidarietà coniugale nascenti dalla costituzione del nuovo nucleo famigliare ed i pregressi doveri di solidarietà post-coniugale verso l'ex coniuge.
(Cassazione Civile, 27 aprile 2023, n. 11155)
Pensione di reversibilità: la titolarità dell'assegno giudizialmente riconosciuta non è surrogabile da una convenzione privata
La disposizione di cui all'art. 9, comma 2, l. n. 898/1970, deve essere interpretata nel senso che per titolarità dell'assegno ai sensi dell'art. 5 deve intendersi l'avvenuto riconoscimento del contributo medesimo da parte del tribunale ai sensi della predetta norma. Di conseguenza, solo il procedimento di revisione, e non meri accordi o intese tra le parti non sottoposte al vaglio giurisdizionale, può determinare l'eventuale perdita della titolarità dell'assegno divorzile da parte del coniuge divorziato e, quindi, la mancanza del relativo requisito per poter aspirare alla pensione di reversibilità.
(Cassazione Civile, 18 aprile 2023, n. 10291)
La scelta di “dedicarsi alla famiglia” e l’assegno divorzile
L'impegno della donna nella gestione della famiglia e nella cura dei figli durante gli anni di matrimonio non è sufficiente a far sorgere il diritto all'assegno divorzile, una volta che il matrimonio sia sciolto, in quanto riconoscimento dell'assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa non si fonda sul fatto, in sé, che uno dei coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e dei figli, né sull'esistenza in sé di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi, poiché la scelta di dedicarsi prevalentemente all'attività familiare assume rilievo nei limiti in cui sia stata condivisa con l'altro coniuge e abbia comportato la rinuncia a realistiche occasioni professionali-reddituali che il coniuge che richiede l'assegno ha l'onere di dimostrare nel giudizio.
(Cassazione Civile, 13 aprile 2023, n. 9817)