Revocatoria fallimentare: non integra l’anormalità del pagamento il semplice mutamento delle condizioni dello stesso
Nella disciplina dell'azione revocatoria fallimentare la normalità dell'atto estintivo di un debito pecuniario corrisponde a un dato oggettivo, da valutarsi alla stregua del fatto che il mezzo di pagamento utilizzato rientri o meno fra quelli comunemente accettati nella pratica commerciale in sostituzione del denaro, mentre non rileva il dato soggettivo dell'intervenuto mutamento delle originarie condizioni contrattuali di pagamento.
(Cassazione Civile, 22 giugno 2023, n. 17949)
Fallimento di una società straniera: se non è prevista la procedura di ammissione al passivo, l'accertamento del credito va effettuato in Italia
Nelle procedure di insolvenza transfrontaliere, per tali dovendosi intendere le procedure aperte a carico di soggetti aventi beni collocati nel territorio di diversi Stati membri dell'Unione europea, o nelle quali siano coinvolti creditori non residenti nello Stato di apertura della procedura, qualora la legge regolatrice di quest'ultima-da individuare in base al criterio della legge di apertura fissato dall'art. 4 del Regolamento n. 1346/2000 CE - preveda che il giudizio di accertamento del credito, che sia iniziato prima dell'apertura della procedura stessa, debba proseguire di fronte al giudice ordinario, questi è tenuto a conoscere della domanda sottoposta alla sua cognizione, anche se la norma di diritto interno del suo Stato di appartenenza riservi al giudice della procedura di insolvenza l'accertamento dei crediti nei confronti del soggetto insolvente. Di conseguenza il giudice italiano, dinanzi al quale sia pendente un giudizio avente ad oggetto una domanda di accertamento del credito, o di condanna, promosso da un creditore nei confronti di un soggetto di diritto estero che sia stato assoggettato, in altro Stato membro dell'Unione europea, a procedura di insolvenza aperta successivamente all'inizio della causa di cui anzidetto, non può dichiarare improcedibile la domanda, in applicazione della norma di diritto interno, ma deve applicare la disposizione prevista dalla legge dello Stato membro in cui la procedura di insolvenza è stata aperta e dunque, ove questa faccia salva-come nel caso del diritto tedesco - la cognizione del giudice ordinario, deve pronunciarsi nel merito.
(Cassazione Civile, 21 giugno 2023, n. 17777)
Le società esercitate da un soggetto di diritto pubblico (società in house) possono fallire
Va confermata l'assoggettabilità delle società in house alla disciplina fallimentare l'art. 1 l. fall., nell'escludere dall'area della concorsualità gli enti pubblici ma non le società pubbliche, esprime la scelta del legislatore di consentire l'esercizio di determinate attività a società di capitali per perseguire l'interesse pubblico, ma ciò comporta che le stesse assumano i rischi connessi alla loro insolvenza.
(Cassazione Civile, ordinanza, 16 marzo 2023, n. 7646)
Il principio della c.d. insolvenza «statica»
Il principio della c.d. insolvenza 'statica' secondo cui, allorquando la società è in stato di scioglimento e quindi di liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell'applicazione dell'art. 5 l.fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, è applicabile unicamente per le società in stato di scioglimento e liquidazione e non anche per le società che abbiano concesso un affitto l'azienda, per le quali invece vale il generale principio secondo cui lo stato di insolvenza deve essere desunto dall'impossibilità dell'impresa di continuare ad operare proficuamente sul mercato.
(Cassazione Civile, 2 novembre 2022, n. 32280)
Le procedure fallimentari (anche se) di elevata complessità non possono durare più di 7 anni
In tema di equa riparazione per la violazione del termine di durata ragionevole del processo, la durata delle procedure fallimentari notevolmente complesse - a causa del numero dei creditori, della particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare, della proliferazione di giudizi connessi o della pluralità di procedure concorsuali interdipendenti - non può comunque superare la durata complessiva di sette anni. Superato tale termine, il danno non patrimoniale per l'irragionevole durata del processo si intende come conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all'art. 6 Cedu, a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca alle parti del processo; ne consegue che una volta accertata e determinata l'entità della stessa durata irragionevole, il giudice deve ritenere tale danno esistente, sempre che non risulti la sussistenza, nel caso concreto, di circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente.
(Cassazione Civile, 24 ottobre 2022, n. 31274)
Sulla legittimità dell’iniziativa del P.M. a richiedere il fallimento
L'esame da parte del pubblico ministero dei risultati di un'indagine svolta dalla Guardia di Finanza rientra pienamente nell'attività istituzionale dell'organo giurisdizionale inquirente. Ove gli esiti dell'indagine evidenzino la notitia decoctionis, mediante la rappresentazione di esposizioni debitorie verso il fisco astrattamente idonee a costituire fattispecie incriminatrici speciali, il pubblico ministero è pienamente legittimato ad esercitare l'iniziativa di richiedere il fallimento. Pertanto, è legittima l'iniziativa del pubblico ministero, ove pure essa sia stata assunta sulla base di una notitia decoctionis appresa dalla relazione di un amministratore giudiziario nominato nell'ambito di un sequestro preventivo, disposto e poi revocato dal G.I.P. Mentre ininfluente, ai fini dell'utilizzabilità della predetta relazione, deve ritenersi anche l'eventuale difetto dei requisiti di validità specificamente prescritti dalla normativa che disciplina il relativo procedimento, dal momento che l'art. 7 della L. Fall., nel consentire l'acquisizione della notitia decoctionis attraverso le risultanze di un procedimento penale o la segnalazione del giudice civile, non prescrive l'osservanza di forme determinate, richiedendo solo che la stessa sia stata appresa nell'esercizio delle funzioni istituzionali.
(Cassazione Civile, ordinanza, 21 settembre 2022, n. 27671)
Sorte delle ipoteche giudiziali nella consecuzione tra procedure
L'art. 168, comma 3, l.fall., il quale sancisce l'inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni anteriori all'iscrizione nel registro delle imprese del ricorso per concordato preventivo rispetto ai creditori anteriori al concordato, non si applica qualora, aperta la procedura concordataria, la stessa abbia avuto esito infausto e sia stato, contestualmente o in un momento successivo, dichiarato il fallimento dell'imprenditore, trovando l'inefficacia degli atti nell'ambito della proceduta fallimentare la propria disciplina negli artt. 64 e ss. l.fall.
(Cassazione Civile, 8 luglio 2022, n. 21758)
Start-up innovativa: l'iscrizione nel registro non basta per evitare il fallimento
L'iscrizione di una società quale start-up innovativa nella sezione speciale del Registro delle imprese, in base all'autocertificazione del legale rappresentante circa il possesso dei requisiti formali e sostanziali, ed alla successiva attestazione del loro mantenimento, ai sensi dall'art. 25 del D.L. n. 179 del 2012, convertito dalla L. n. 221 del 2012, non preclude la verifica giudiziale dei requisiti medesimi in sede prefallimentare, in quanto la suddetta iscrizione costituisce presupposto necessario ma non sufficiente per la non assoggettabilità a fallimento, a norma dell'art. 31, D.L. cit., essendo necessario anche l'effettivo e concreto possesso dei requisiti di legge per l'attribuzione della qualifica di start-up innovativa.
(Cassazione Civile, ordinanza, 4 luglio 2022, n. 21152)
Fallimento della supersocietà di fatto: va dimostrato il comune intento sociale perseguito
La norma di cui all'art. 147, comma 5, l. fall. trova applicazione non solo quando, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulti che l'impresa è, in realtà, riferibile ad una società di fatto tra il fallito ed uno o più soci occulti, ma, in virtù di sua interpretazione estensiva, anche laddove il socio già fallito sia una società, anche di capitali, che partecipi, con altre società o persone fisiche, ad una società di persone, cosiddetta supersocietà di fatto, non assoggettata ad altrui direzione e coordinamento - la cui sussistenza, però, postula la rigorosa dimostrazione del comune intento sociale perseguito, che deve essere conforme, e non contrario, all'interesse dei soci, dovendosi ritenere che la circostanza che le singole società perseguano, invece, l'interesse delle persone fisiche che ne hanno il controllo, anche solo di fatto, costituisca, piuttosto, una prova contraria all'esistenza della supersocietà di fatto.
(Cassazione Civile, 27 giugno 2022, n. 20552)
Il credito del professionista è ammesso in prededuzione solo se debitore è ammesso al concordato
L'ammissione del debitore alla procedura di concordato è da considerarsi conditio sine qua non per ottenere la richiesta prededuzione del credito del professionista che abbia assistito il debitore stesso nell'attività propedeutica alla presentazione del piano e della proposta concordataria.
(Cassazione Civile, 26 maggio 2022, n. 17140)