Responsabilità dell’amministratore per bancarotta: risponde anche la testa di legno
L'amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili anche se è investito solo formalmente dell'amministrazione della società fallita (cosiddetta testa di legno): sussiste infatti il diretto e personale obbligo dell'amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari. Il dolo dell'amministratore formale nel reato commesso dall'amministratore di fatto, può configurarsi anche come eventuale ed essere integrato dall'omesso controllo sulla tenuta delle scritture che dimostra la rinuncia a porre in essere quelle attività idonee a prevenire il pericolo di distrazioni e, di conseguenza, l'accettazione del rischio che esse possano verificarsi.
(Cassazione Penale, 13 giugno 2018, n. 27163)
Mancato deposito presso il registro imprese ed attendibilità dei bilanci
Per dimostrare di essere sottratta alle procedure concorsuali, ai sensi dell’art. 1, comma secondo, l.fall., è necessario che la società produca i bilanci approvati dall'assemblea dei soci per il triennio rilevante; il giudice di merito, non può ritenere inattendibili detti bilanci, solo perché non risultano essere stati depositati presso il registro delle imprese, dovendo invece, una volta accertato che i detti bilanci siano stati approvati, motivare espressamente sulle ragioni che inducono ad una valutazione di non attendibilità di siffatti documenti.
(Cassazione Civile, ordinanza 18 giugno 2018, n. 16067)
Negligente il curatore che tarda a fare l’inventario
Posto che il curatore fallimentare deve adempiere ai doveri del proprio ufficio con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico (art. 38, comma 1, l. fall.), la violazione del dovere di speditezza, desumibile dagli artt. 87 e 104-ter l. fall., non può che essere qualificato come condotta illecita e negligente.
L’attività di inventario è rimessa integralmente alla responsabilità del curatore, il quale deve attenersi, nel suo svolgimento, al canone della massima celerità, assumendo ogni iniziativa utile o necessaria a tal fine.
(Tribunale di Roma, 6 giugno 2018)
Nuova attività di impresa esercitata dal fallito
Qualora il fallito, dopo la data di apertura della procedura concorsuale, intraprenda una nuova attività d'impresa, avvalendosi per le operazioni finanziarie ad essa inerenti di un conto corrente bancario già in precedenza aperto in capo alla società "in bonis", i relativi atti non ricadono nella sanzione di inefficacia dell'art. 44 l.fall., ma restano disciplinati dall'art. 42, comma 2, l. fall., riguardante la sopravvenienza di ulteriori beni per titolo successivo al fallimento. Ne consegue che la curatela, in applicazione di tale ultima norma, ha facoltà di appropriarsi dei soli risultati positivi dell'indicata attività, al netto delle spese incontrate per la loro realizzazione, e, pertanto, può reclamare dalla banca il versamento del solo saldo attivo del predetto conto corrente, corrispondente all'utile dell'impresa, non anche la restituzione delle somme fuoriuscite dal conto per operare pagamenti nell'esercizio della nuova impresa.
(Cassazione Civile, 11 maggio 2018, n. 11541)
Opposizione allo stato passivo ed onere di produzione
Nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’opponente, a pena di decadenza, deve soltanto indicare specificatamente i documenti di cui intende avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato, sicché, in difetto della produzione di uno o di alcuni di essi, il tribunale deve disporne l’acquisizione dal fascicolo d’ufficio della procedura fallimentare ove sono custoditi.
(Cassazione Civile, 14 giugno 2018, n. 15627)
Termine per il fallimento del socio occulto e prova del vincolo societario
Il termine annuale prescritto dall’art. 147, comma 2, l. fall. per l’estensione del fallimento della società ai suoi soci illimitatamente responsabili non si applica al socio occulto, ossia al socio la cui qualifica non risulti dal Registro delle Imprese, non potendo questi opporre con data certa la cessazione della propria responsabilità illimitata.
Per provare un vincolo societario occulto, è necessario dimostrare un apporto sistematico, continuo e notevole del terzo formalmente estraneo alla compagine dei soci, tale da garantirgli la partecipazione ai momenti fondamentali della vita sociale, prova che deve essere ancor più rigorosa nel caso in cui si assuma che il rapporto occulto intervenga tra membri di una stessa famiglia.
(Tribunale di Padova, decreto 12 febbraio 2018)
Fallito riabilitato e azione contro il curatore
Il fallito riabilitato, per difetto di legittimatio ad causam, non può rimettere in discussione l’operato degli organi della procedura ed in particolare del curatore, che è un organo del tutto peculiare poiché cumula la rappresentanza insieme del fallito e della massa, di talché non è in definitiva riconducibile né all'uno né all'altra. Le attribuzioni patrimoniali effettuate a favore dei creditori in base al piano di riparto sono pertanto intangibili.
Tuttavia, il fallito che si ritiene danneggiato dall'attività del curatore può, dopo essere tornato in bonis, attivare la sola tutela risarcitoria e non pretendere di rimettere in discussione l’intangibile e conclusa attività di riparto dell’attivo.
(Cassazione Civile, ordinanza 19 giugno 2018, n. 16132)
Solo l’accertamento del reato legittima il Pubblico Ministero a richiedere il fallimento
Il pubblico ministero che chieda la dichiarazione di fallimento dell'impresa deve allegare le situazioni specifiche che ai sensi dell'art. 7 legge fall. fondano la sua legittimazione.
L'istanza di fallimento del pubblico ministero deve essere strettamente collegata ad indagini svolte per l'accertamento di reati, per cui la legittimazione della pubblica accusa prevista dall'art. 7 legge fall. viene meno qualora l'azione si fondi su un nuovo procedimento aperto al solo scopo di accertare l'insolvenza la cui notizia sia stata appresa nell'ambito di altro procedimento già archiviato.
(Corte d’Appello di Bari, 23 aprile 2018)
Prededucibile nel fallimento il credito “funzionale” al piano
I crediti nascenti da nuovi contratti che, pur se non espressamente contemplati nel piano concordatario, siano stipulati dal debitore, in corso di esecuzione del concordato preventivo omologato, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano medesimo e dell’adempimento della proposta, devono ritenersi sorti in funzione della procedura e vanno ammessi in prededuzione allo stato passivo del fallimento consecutivo, dichiarato per effetto della risoluzione del concordato.
(Cassazione Civile, 10 gennaio 2018, n. 380)
Azione di responsabilità del curatore e determinazione del danno
Nell'azione di responsabilità promossa dal curatore a norma dell'art. 146, comma 2, l.fall., il giudice può ricorrere alla liquidazione equitativa del danno, nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l'attivo liquidato in sede fallimentare, qualora il ricorso a tale parametro si palesi, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile, in quanto l'attore abbia allegato inadempimenti dell'amministratore – nella specie consistiti nella cessione a sé stesso, a prezzo vile, di rami d'azienda e nella pluriennale mancata tenuta delle scritture contabili – astrattamente idonei a porsi quali cause del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore medesimo.
(Cassazione Civile, 1 febbraio 2018, n. 2500)