La trasformazione della società in associazione non riconosciuta non ne impedisce il fallimento
La trasformazione di una società da un tipo ad una figura non dotata di piena personalità giuridica, non si traduce nell'estinzione di un soggetto e nella correlativa creazione di uno nuovo in luogo di quello precedente, ma configura una vicenda meramente evolutiva e modificativa del medesimo soggetto, la quale comporta soltanto una variazione di assetto e di struttura organizzativa, senza incidere sui rapporti processuali e sostanziali facenti capo all'originaria organizzazione societaria e senza escludere la fallibilità dell'originario ente trasformato.
(Cassazione Civile, 25 gennaio 2021, n. 1519)
Sulla prededuzione al credito formatosi prima del fallimento
La L. Fall., art. 111, comma 2, nello stabilire che sono considerati prededucibili i crediti sorti "in funzione" di una procedura concorsuale, presuppone che una tale procedura sia stata aperta, e non la semplice presentazione di una domanda di concordato, che dà luogo unicamente ad un procedimento di verifica volto al mero accertamento dell'ammissibilità della proposta. Il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la presentazione della domanda di concordato preventivo dichiarata inammissibile o rinunciata non è pertanto prededucibile nel fallimento, ancorché la sentenza dichiarativa si fondi sulla medesima situazione (di insolvenza) rappresentata nella domanda.
(Cassazione Civile sez. I, 15 gennaio 2021, n. 639)
Fallimento della c.d. supersocietà di fatto
In base ad un’interpretazione estensiva dell’art. 147, comma 5, L. Fall., è ammissibile il fallimento della c.d. supersocietà di fatto, quale fattispecie specificamente costituita da una società irregolare a cui partecipano più società, come pure eventualmente anche delle persone fisiche, e che viene a emergere in un momento successivo alla dichiarazione di fallimento di una delle società così coinvolte.
(Cassazione Civile, ordinanza 13 gennaio 2021, n. 366)
Il curatore può assumere il ruolo di avvocato della procedura fallimentare?
In tema di difesa tecnica del fallimento, ai sensi dell’art. 31 co. 3 della legge fallimentare, il curatore della procedura, nelle liti attive e in quelle passive, non può assumere il ruolo di difensore, o anche di quello di mero assistente, a pena di nullità di tutti gli atti posti in essere in tale veste, atteso che tra i due ruoli vi è previsione di incompatibilità.
(Cassazione Civile, ordinanza, 22 dicembre 2020, n. 29313)
Pagamenti eseguiti in ritardo
L'interpretazione della L. Fall., art. 67, comma 3, lett. a), è nel senso che non sono revocabili quei pagamenti i quali, pur avvenuti oltre i tempi contrattualmente previsti, siano stati, anche per comportamenti di fatto, eseguiti ed accettati in termini diversi, nell'ambito di plurimi adempimenti con le nuove caratteristiche, evidenziatesi già in epoca anteriore a quelli in discorso, i quali, pertanto, non possono più ritenersi pagamenti eseguiti "in ritardo", ossia inesatti adempimenti, ma divengono esatti adempimenti; l'onere della prova di tale situazione è, ai sensi dell'art. 2697 c.c., in capo all'accipiens.
(Cassazione Civile, 7 dicembre 2020, n. 27939)
Sulla revocatoria ordinaria avviata prima del fallimento e sul diritto del creditore di proseguirla nell’inerzia del curatore
Qualora il curatore del fallimento, che sia subentrato nell'azione revocatoria ordinaria già promossa dal creditore individuale nei confronti del debitore in bonis, ometta di coltivare la domanda - non riproponendola nel giudizio di appello ai sensi dell'art. 346 c.p.c.-, il creditore individuale che sia rimasto in causa e che abbia, invece, riproposto la richiesta di revocatoria in sede di appello riacquista un interesse concreto ed attuale all'esame della domanda.
(Cassazione Civile, 20 novembre 2020, n. 26520)
L’insinuazione al passivo del credito del coobbligato è possibile solo se sia già avvenuto il pagamento
Il fideiussore che, escusso dal creditore garantito, non abbia provveduto al pagamento del debito, non è legittimato, ai sensi dell’art. 6, l. fall., a proporre l’istanza di fallimento contro il debitore principale per il solo fatto di averlo convenuto in giudizio con l’azione di rilievo, ex art. 1953, c.c., atteso che tale azione non lo munisce di un titolo astrattamente idoneo ad attribuirgli la qualità di creditore concorsuale in caso di apertura del fallimento; deve escludersi, per altro verso, che il diritto del fideiussore al regresso (o alla surrogazione nella posizione del creditore principale) possa sorgere, ancorché in via condizionale, anteriormente all’adempimento dell’obbligazione in garanzia.
(Cassazione Civile, ordinanza, 11 novembre 2020 n. 25317)
Consegna della merce e prova del credito verso il Fallimento
In tema di accertamento del passivo, il credito del venditore nei confronti del compratore fallito, nel caso di beni mobili da trasportare da un luogo all'altro può essere provato con la consegna della merce al vettore o allo spedizioniere, perché è in quel momento, ai sensi dell'art. 1510 c.c., che si trasferisce all'acquirente - salvo patto contrario - la proprietà dei beni medesimi.
(Cassazione Civile, 22 settembre 2020, n. 19719)
Sulla compensabilità fra crediti nel concordato con riserva
Nell'ipotesi in cui al concordato preventivo "con riserva" faccia seguito la dichiarazione di fallimento della società debitrice, trovandosi in presenza di un fenomeno di consecuzione di procedure concorsuali, non è ammissibile la compensazione fra due crediti, di cui uno sorto dopo il deposito della domanda di concordato preventivo "in bianco" e l'altro precedentemente.
(Tribunale di Lecce, 20 ottobre 2020)
Sulla sorte del finanziamento finalizzato all'acquisizione dell’impresa insolvente
Laddove le prestazioni di finanziamento dissimulate, a fronte di forniture né pattuite né eseguite, non si sono esaurite nella mera sovvenzione all'imprenditore già insolvente, ma sono state progressivamente dedotte in un programma di acquisto dei relativi assets, così fungendo il credito da mera leva per l’acquisizione del capitale della società fallita, in danno dei creditori e a detrimento finale della soggettività economica del finanziato, si è in presenza di una prestazione contraria al buon costume – da intendersi in senso ampio, anche con riferimento all'assetto economico – e, come tale, non soggetta a ripetizione ai sensi dell’art. 2035 c.c..
(Cassazione Civile, ordinanza 5 agosto 2020, n. 16706)