Accertamento della prosecuzione dell’attività d’impresa
Ai fini della dichiarazione di fallimento dell'imprenditore commerciale, l'affitto dell'azienda comporta, di regola, la cessazione della qualità di imprenditore, salvo l'accertamento in fatto che l'attività d'impresa sia, invece, proseguita in concreto, non essendo sufficiente affermare la compatibilità tra affitto di azienda e prosecuzione dell'impresa, la quale va invece positivamente accertata dal giudice del merito.
(Cassazione Civile, 16 marzo 2020, n. 7311)
Sulla fideiussione prestata dai soci illimitatamente responsabili
L'art. 184 secondo comma della L.F., ai sensi del quale il concordato della società, salvo patto contrario (da stipularsi con tutti i creditori e coevamente al concordato stesso), ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, relativamente ai debiti sociali, opera anche quando, per tali debiti, i soci abbiano prestato fideiussione.
(Tribunale di Ferrara, 3 febbraio 2020, n. 50)
Sull’assoggettabilità al fallimento di una società cooperativa
Ai fini dell'assoggettabilità al fallimento di una società cooperativa, l'indagine circa la natura imprenditoriale della sua attività può essere concentrata in via esclusiva sui dati di bilancio, qualora dagli stessi emerga una sproporzione tra ricavi e costi di dimensioni tali da essere oggettivamente incompatibile con la prevalenza di uno scopo mutualistico.
(Cassazione Civile, 4 febbraio 2019, n. 3202)
Sulla pre-deducibilità del credito del subappaltatore di opere pubbliche
In caso di fallimento dell'appaltatore di opera pubblica, il meccanismo delineato dal d.lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 3 - che consente alla stazione appaltante di sospendere i pagamenti in favore dell'appaltatore, in attesa delle fatture dei pagamenti effettuati da quest'ultimo al subappaltatore deve ritenersi riferito all'ipotesi in cui il rapporto di appalto sia in corso con un'impresa in bonis e, dunque, non è applicabile nel caso in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto si scioglie; ne consegue che al curatore è dovuto dalla stazione appaltante il corrispettivo delle prestazioni eseguite fino all'intervenuto scioglimento del contratto e che il subappaltatore deve essere considerato un creditore concorsuale dell'appaltatore come gli altri, da soddisfare nel rispetto della par condicio creditorum e dell'ordine delle cause di prelazione.
(Cassazione Civile, Sez. Un., 2 marzo 2020, n. 5685)
La ragione di credito quale titolo per l’azione revocatoria fallimentare
Per l'accoglimento dell'azione revocatoria non è necessaria la sussistenza di un credito certo, liquido ed esigibile, ma basta una semplice aspettativa che non si riveli, a prima vista, pretestuosa e che possa esser valutata come probabile, anche se non accertata definitivamente.
(Cassazione Civile, ordinanza 19 febbraio 2020, n. 4212)
Revoca del preliminare trascritto
In presenza della prova della “scientia decoctionis”, può essere revocato, ai sensi dell’art. 67, comma 2, l. fall., il contratto preliminare di compravendita immobiliare, stipulato con atto pubblico nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento del promittente venditore, prima già redatto con scrittura privata, in quanto volto a costituire in favore del promissario acquirente un diritto di prelazione, sfruttando gli effetti dell’art. 2775 bis c.c., che non nasce da una fattispecie legale, in sé non suscettibile di revoca, ma consegue alla formazione di un atto negoziale, volto esclusivamente alla rinnovazione del primo contratto con le forme idonee alla trascrizione, senza che abbia rilievo il fatto che tale atto non riguardi crediti contestualmente creati, posto chela valutazione negativa dell’ordinamento nei confronti della violazione delle regole della “par condicio creditorum”, resa manifesta nel disposto dell’art. 67, comma 1, l. fall. con riguardo alla costituzione negoziale di garanzie per crediti preesistenti anche non scaduti, vale “a fortiori” anche per gli atti costitutivi di diritti di prelazione che riguardino crediti già sorti.
(Cassazione Civile, 5 luglio 2019, n. 18181)
Compensazione stragiudiziale e verifica del passivo
Deve dichiararsi illegittima la compensazione operata in via stragiudiziale dal creditore del fallito al di fuori e prima della verifica del passivo, perché il preteso credito verso il fallito deve essere comunque e previamente accertato nelle forme esclusive del procedimento di cui agli artt. 92 e ss. l.f., risultando altrimenti detto credito (inammissibilmente) sottratto al controllo del Giudice Delegato e degli altri creditori - che dispongono altresì dello strumento specifico dell'impugnazione dei crediti ammessi - e, quindi, per ipotesi definitivamente soddisfatto in violazione della regola del concorso formale di cui all'art. 52 l.f..
(Tribunale di Milano, 30 luglio 2019, n. 7694)
Credito da restituzione dei canoni versati prima del fallimento
In caso di contratto d'affitto d'azienda pendente al momento della dichiarazione di fallimento dell'affittante, quando il curatore abbia esercitato il suo diritto di recesso ex art. 79 l. fall., il credito restitutorio vantato dall'affittuario per i canoni pagati anticipatamente, prima dell'apertura del concorso, non è prededucibile, essendo insufficiente che il credito sia sorto durante la procedura, poiché anche la genesi della relativa obbligazione deve intervenire in un periodo successivo alla sua apertura.
(Cassazione Civile, 10 ottobre 2019, n. 25470)
La prededucibilità dei crediti
Il credito del professionista che abbia funto da advisor legale nella predisposizione della domanda di concordato rientri tra i crediti sorti "in funzione" di quest'ultima procedura e, come tale, a norma dell'art. 111, comma 2, legge fall., deve essere soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, con valutazione ex post, che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti.
(Cassazione Civile, ordinanza 28 ottobre 2019, n. 27538)
Sentenza di fallimento opponibile ai terzi
Gli effetti della pronuncia di fallimento sono opponibili anche ai terzi di buona fede che abbiano stipulato contratti con il fallito dopo la sentenza dichiarativa, ma prima della trascrizione della stessa.
(Cassazione Civile, ordinanza 2 ottobre 2019, n. 24602)