La risoluzione del contratto di leasing traslativo e di godimento

La differenza tra leasing di godimento e leasing traslativo riguarda la causa concreta del contratto: nel leasing di godimento, si prevede che la res esaurisca la sua utilità economica entro un determinato periodo di tempo, che coincide di regola con la durata del rapporto; nel leasing traslativo, si intende viceversa realizzare un preminente e coessenziale effetto traslativo, dato che il bene è destinato a conservare, alla scadenza del rapporto, un valore residuo particolarmente apprezzabile per l’utilizzatore, in quanto notevolmente superiore al prezzo di riscatto, cosicché tale riscatto non costituisca un’eventualità marginale ed accessoria, ma rientri nella funzione delle parti assegnata al contratto.

Nel leasing di godimento, che è un contratto ad esecuzione continuata e periodica, si applica perciò l’art. 1458 Cod. Civ., secondo il quale la risoluzione non si estende alle prestazioni già avvenute. Mentre l’applicazione di questo articolo anche al leasing traslativo rappresenterebbe invece una soluzione vessatoria per l’utilizzatore, perché consentirebbe al concedente di trattenere una somma che rappresenta un ristoro superiore al godimento, costituendo il canone un corrispettivo sia del godimento, sia della prevista cessione. Occorre applicare al leasing traslativo l’art. 1526 Cod. Civ. in tema di vendita a rate, che prevede la restituzione delle rate pagate, fatta salva una detrazione per compensare il godimento del bene.

(Tribunale Reggio Emilia, ordinanza 2 novembre 2017)