La negoziazione assistita obbligatoria contrasta coi principi della Carta dei Diritti UE?
Secondo i principi comunitari, qualsiasi tipo di ADR (Alternative Dispute Resolution) avente carattere obbligatorio può ritenersi compatibile con il principio della tutela giurisdizionale effettiva (artt. 6 e 13 della CEDU ed art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) purché soddisfi congiuntamente tutte le seguenti condizioni: (i) non conduca ad una decisione vincolante per le parti; (ii)non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale; (iii) sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione; (iv) sia possibile disporre di provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone; (v) non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti.
La disciplina nazionale sulla negoziazione assistita non rispetta l’ultima delle predette condizioni, poiché, non potendo prescindere dall’intervento di un difensore, comporta dei costi non contenuti per le parti, tenuto conto dei criteri di determinazione del compenso di avvocato attualmente vigenti. Pertanto la norma che viene qui in rilievo (art. 3, comma 1, D.L. n. 132/2014), essendo fonte, sia pure indiretta, di costi non contenuti per le parti, va disapplicata in quanto in contrasto con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(Tribunale di Verona, ordinanza 27 febbraio 2018)