Il danno all'onore ed alla reputazione va provato anche a mezzo di presunzioni
In tema di responsabilità civile per diffamazione a mezzo stampa, il danno all'onore ed alla reputazione, di cui si invoca il risarcimento, non è "in re ipsa", identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell'interesse tutelato dall'ordinamento ma con le conseguenze di tale lesione, sicché la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni, assumendo a tal fine rilevanza, quali parametri di riferimento, la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale della vittima.
(Cassazione Civile, ordinanza, 1 febbraio 2024, n. 3013)
La sofferenza per la perdita del proprio congiunto è presumibile
L'uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti (circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del "quantum debeatur"); in tal caso, grava sul convenuto l'onere di provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo.
(Cassazione Civile, 30 gennaio 2024, n. 2776)
Danni da Talidomide: la prescrizione decorre dalla domanda amministrativa di indennizzo
ll termine di prescrizione del credito risarcitorio relativo ai danni, subiti nella fase di vita prenatale a causa dell'assunzione di farmaci ad effetti teratogeni da parte della gestante, decorre, di regola, dalla presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell'indennizzo di cui all'art. 1 l. 29 ottobre 2005, n. 229, salvo prova, di cui è onerato il convenuto, da fornirsi anche in via presuntiva, che la consapevolezza, in capo al danneggiato, del nesso causale tra l'assunzione del farmaco e la propria condizione di disabilità e/o menomazione non sia maturata in epoca anteriore.
(Cassazione Civile, 24 gennaio 2024, n. 2375)
Sul risarcimento del danno da perdita di capacità lavorativa
Nell'ambito del risarcimento del danno da perdita di capacità lavorativa subita dal danneggiato-lavoratore in conseguenza degli effetti negativi prodotti da illecito, là dove il danneggiato dimostri di avere perduto un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui era titolare, a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate, salvo che il responsabile alleghi e dimostri che egli abbia di fatto reperito una nuova occupazione retribuita, ovvero che avrebbe potuto farlo e non lo abbia fatto per sua colpa, nel qual caso il danno potrà essere liquidato esclusivamente nella differenza tra le retribuzioni. Così che identico principio differenziale deve valere nel caso in cui, in assenza delle conseguenze lesive riportate a causa dell'illecito, il lavoratore avrebbe con certezza proseguito nella sua attività lavorativa e continuato a percepire la retribuzione, corrispondente alla qualifica professionale per la quale era stato assunto, maggiore rispetto a quella percepita nella nuova qualifica acquisita per demansionamento conseguente all'illecito.
(Cassazione Civile, 16 gennaio 2024, n. 1607)
Risarcibilità del danno da perdita anticipata della vita e trasmissibilità iure successionis
Nell'ipotesi di un paziente che, al momento dell'introduzione della lite, sia già deceduto, sono, di regola, alternativamente concepibili e risarcibili iure hereditario, se allegati e provati, i danni conseguenti: alla condotta del medico che abbia causato la perdita anticipata della vita del paziente (determinata nell'an e nel quantum), come danno biologico differenziale (peggiore qualità della vita effettivamente vissuta), considerato nella sua oggettività, e come danno morale da lucida consapevolezza della anticipazione della propria morte, eventualmente predicabile soltanto a far data dall'altrettanto eventuale acquisizione di tale consapevolezza in vita; alla condotta del medico che abbia causato la perdita della possibilità di vivere più a lungo (non determinata né nell'an né nel quantum), come danno da perdita di chances di sopravvivenza. In nessun caso sarà risarcibile iure hereditario, e tanto meno cumulabile con i pregiudizi di cui sopra, un danno da 'perdita anticipata della vita' con riferimento al periodo di vita non vissuta dal paziente; pertanto, quando sia certo che la condotta del medico abbia provocato (o provocherà) la morte anticipata del paziente, la morte stessa diviene, di regola, evento assorbente di qualsiasi considerazione sulla risarcibilità di chance future.
(Cassazione Civile, 27 dicembre 2023, n. 35998)
Responsabile la Pubblica Amministrazione per i danni subiti da un imprenditore a causa degli errori commessi da ispettori fiscali
L'attività della pubblica amministrazione, anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti dalla legge e dal principio primario del neminem laedere, codificato nell'art. 2043 c.c., per cui è consentito al giudice ordinario accertare se vi sia stato da parte della stessa pubblica amministrazione, un comportamento doloso o colposo che, in violazione di tale norma e tale principio, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo. Infatti, stanti i principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, di cui all'art. 97 Cost., la pubblica amministrazione è tenuta a subire le conseguenza stabilite dall'art. 2043 c.c., atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale (fattispecie relativa a grossolani errori commessi da due ispettori che avevano portato all'avvio di due procedimenti penali a carico di un imprenditore, conclusi però con l'annullamento; da qui la condanna degli ispettori al risarcimento dei danni subiti dall'imprenditore ex art. 2043 c.c.).
(Cassazione Civile, 28 febbraio 2023, n. 5984)
Sul risarcimento del patema d'animo sofferto dalla lavoratrice della Costa Concordia
Va confermata la legittimità delle decisione dei giudici del merito che hanno riconosciuto e liquidato il danno morale soggettivo quale autonoma voce di pregiudizio non patrimoniale e il dato della avvenuta liquidazione di tale danno morale attraverso la massima personalizzazione prevista dalle Tabelle milanesi, in quanto utilizzato come parametro ai fini della valutazione equitativa, non fa venir meno la legittimità della decisione (fattispecie relativa al risarcimento del danno subito da una lavoratrice a bordo di una nota nave da crociera affondata nel 2012 a cui era stata riconosciuta una somma a titolo di risarcimento per il 'patema d'animo' derivato dall'incidente).
(Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 2 dicembre 2022, n. 35499)
Il danno morale non può essere incorporato nel danno biologico
Il positivo riconoscimento e la concreta liquidazione, in forma monetaria, dei pregiudizi sofferti dalla persona a titolo di danno morale mantengono integralmente la propria autonomia rispetto ad ogni altra voce del c.d. danno non patrimoniale, non essendone in alcun modo giustificabile l'incorporazione nel c.d. danno biologico, trattandosi (con riguardo al danno morale) di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, meritevole di un compenso aggiuntivo al di là della personalizzazione prevista per la compromissione degli aspetti puramente dinamico -relazionali della vita individuale.
(Cassazione Civile, 9 novembre 2022, n. 32935)
Trasfusione di sangue infetto: dal risarcimento del danno va decurtato l’indennizzo ex Legge 210/1992
Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della Salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l'indennizzo di cui alla L. n. 210/1992 può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno quando sia stato effettivamente versato o, comunque, sia determinato nel suo preciso ammontare o determinabile in base a specifici dati della cui prova è onerata la parte che eccepisce il lucrum.
(Cassazione Civile, 1 settembre 2022, n. 25827)
Morte del congiunto: la sofferenza del familiare superstite non è in re ipsa ma si presume
Nel caso di morte di un prossimo congiunto (coniuge, genitore, figlio, fratello), è orientamento unanime di questa Corte che l'esistenza stessa del rapporto di parentela faccia presumere, secondo l'id quod plerumque accidit, la sofferenza del familiare superstite, giacché tale conseguenza è per comune esperienza e, di norma, connaturale all'essere umano; trattandosi di una praesumptio hominis sarà sempre possibile per il convenuto dedurre e provare l'esistenza di circostanze concrete dimostrative dell'assenza di un legame affettivo tra vittima e superstite (confermata la decisione della Corte d'Appello, secondo cui la presenza di un legame di parentela qualificato è elemento idoneo a fondare la presunzione, secondo l'id quod plerumque accidit, dell'esistenza del danno in capo ai familiari del defunto, che è cosa distinta dal riconoscere a quest'ultimi la risarcibilità del danno in re ipsa, per il sol fatto della sussistenza di un legame familiare).
(Cassazione Civile, 30 agosto 2022, n. 25541)