L’osservazione dei protocolli delle Linee Guida della Società Scientifica di riferimento nel pre e nel post-operatorio

In sede di valutazione della responsabilità del medico, anche se è plausibile la circostanza che l’infezione sia stata contratta in sala operatoria, sono esclusi possibili profili colposi nella condotta dei sanitari che hanno avuto in cura il paziente se sono stati seguiti i protocolli previsti dalle Linee Guida della Società Scientifica di riferimento, con adozione di tutte le misure preventive per evitare l’evento. Pertanto, pur essendo plausibile la circostanza che l’infezione sia stata contratta in sede nosocomiale, nessuna responsabilità è ascritta a carico dei medici che hanno praticato la disinfezione del campo operatorio e la corretta profilassi antibiotica e tutti gli altri trattamenti richiesti, ivi comprese le visite di controllo successive all'intervento chirurgico e tutte le altre prestazioni sanitarie – farmacologiche e non – necessarie prima per evitare e dopo per curare l’infezione.

(Tribunale di Cosenza, 26 marzo 2020)


Infortunio durante l’esecuzione di esercizi riabilitativi con l’assistenza e sotto la diretta vigilanza del fisioterapista

Non può ascriversi alcuna responsabilità per culpa in vigilando al personale medico di una struttura sanitaria, laddove l’evento caduta si verifichi durante l’esecuzione di esercizi riabilitativi con l’assistenza e sotto la diretta vigilanza del fisioterapista all'uopo incaricata. In assenza di specifica indicazione circa gli “accorgimenti necessari” per evitare in concreto il rischio caduta, la cui omissione avrebbe incidenza causale sull'evento lesivo, non è possibile individuare profili di responsabilità a carico del personale medico.

(Tribunale di Pescara, 20 dicembre 2018)


Omessa diagnosi

Tiene una condotta colposa il medico che, dinanzi a sintomi aspecifici, non prenda scrupolosamente in considerazione tutti i loro possibili significati, ma senza alcun approfondimento si limiti a far propria una sola tre le molteplici e non implausibili diagnosi.

(Cassazione Civile, 30 novembre 2018, n. 30999)


Cartella clinica incompleta e nesso causale

L'ipotesi di incompletezza della cartella clinica va ritenuta circostanza di fatto che il giudice di merito può utilizzare per ritenere dimostrata l'esistenza d'un valido nesso causale tra l'operato del medico e il danno patito dal paziente, operando la seguente necessaria duplice verifica affinché quella incompletezza rilevi ai fini del decidere ovvero, da un lato, che l'esistenza del nesso di causa tra condotta del medico e danno del paziente non possa essere accertata proprio a causa della incompletezza della cartella; dall'altro che il medico abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a causare il danno.

(Cassazione Civile, 23 marzo 2018, n. 7250)


Omissione di tempestiva diagnosi, condotta colposa del medico

Determina l’esistenza di un danno risarcibile alla persona l’omissione di un processo morboso terminale ove risulti che, per effetto dell’omissione, sia andata perduta dal paziente la possibilità di sopravvivenza per alcune settimane od alcuni mesi, o comunque per un periodo limitato, in più rispetto al periodo temporale effettivamente vissuto.

(Cassazione Civile, 27 giugno 2018, n. 16919)


Complicanze operatorie ed onere della prova

Nelle prestazioni medico-chirurgiche routinarie, grava sul professionista l’onere di provare che le complicanze sono state causate da un evento imprevisto ed imprevedibile, secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenza tecnico scientifiche del momento, per superare la presunzione contraria che dette complicanze sono ascrivibili ad una sua responsabilità.

In ragione di ciò, non è sufficiente che venga accertata la sussistenza di “complicanze intraoperatorie” ma, per poter escludere la responsabilità del medico, il giudice è tenuto ad accertare che le stesse siano imprevedibili ed inevitabili, che non vi sia un nesso causale tra la metodologia di intervento impiegata dal sanitario e l’insorgenza delle complicanze, oltre che l’adeguatezza dei rimedi tecnici adoperati per far fronte alle complicanze medesime.

(Cassazione Civile, 13 ottobre 2017 n. 24074)


Responsabilità del medico secondo aiuto

Della scelta di eseguire un intervento su una persona in condizioni fisiche alterate, con conseguente sua perdita di chances di sopravvivenza a fronte della patologia della quale è affetta, risponde infatti anche il medico secondo aiuto presente in equipe.
Questi infatti, secondo la Suprema Corte, non può limitarsi a compiere le specifiche mansioni a lui affidate, bensì deve anche esercitare un controllo sull'operato e su eventuali errori altrui, ossia partecipare all'intervento chirurgico in modo consapevole ed informato, fornendo il proprio apporto professionale anche in riferimento al rispetto delle regole di diligenza e prudenza e alla adozione delle precauzioni imposte dalla condizione specifica del paziente che si sta per operare, giungendo ad esprimere, ove occorra, persino il proprio dissenso rispetto alle scelte effettuate, ivi compresa quella di procedere all'operazione.

(Cassazione Civile, 29 gennaio 2018, n. 2060)


Risarcimento del danno da nascita indesiderata

In tema di responsabilità medica per erronea diagnosi e conseguente nascita indesiderata, il risarcimento dei danni derivanti dall'inadempimento delle struttura sanitaria all'obbligazione contrattuale spetta non solo alla madre, ma anche al padre, il quale deve essere considerato tra i soggetti protetti dagli effetti negativi delle condotta del medico, da cui consegue il relativo diritto al risarcimento dei danni, fra i quali deve ricomprendersi il pregiudizio di carattere patrimoniale derivante dai doveri di mantenimento dei genitori nei confronti dei figli.

(Cassazione civile, sez. III, ordinanza 5 febbraio 2018, n. 2675)


Danno alla salute e alla sessualità, discriminazioni in base all'età e al sesso

Nel decidere le domande relative ai danni morali nell'ambito delle procedure di responsabilità medica, i giudici nazionali possono considerare l’età del ricorrente, ma non possono stabilire che la sessualità non sia importante per una donna di cinquant'anni e madre di due figli, come per gli uomini e per le persone di età più giovane. Ciò viola l’art. 14 della Conv. eur. dir. uomo poiché discrimina la persona in base all'età e al sesso e riflette un’idea tradizionale della sessualità femminile legata alla fertilità, ignorando la sua rilevanza psico-fisica in vista dell'autorealizzazione della donna come persona.

(Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 25 luglio 2017, ric. 17484/15)


Prova del nesso e prova dell’impossibilità della prestazione

In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l’inesatto adempimento della prestazione assistenziale, l’onere di provare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa imprevedibile, inevitabile e non imputabile alla stessa sorge solo ove il danneggiato abbia provato la sussistenza del nesso causale tra la condotta attiva od omissiva dei sanitari e il danno sofferto.

(Cassazione Civile, 26 luglio 2017, n. 18392)