Malformazione del feto e omessa informazione

In tema di responsabilità medica da nascita indesiderata, il genitore che agisce per il risarcimento del danno ha l'onere di provare che la madre avrebbe esercitato la facoltà d’interrompere la gravidanza - ricorrendone le condizioni di legge - ove fosse stata tempestivamente informata dell'anomalia fetale; quest'onere può essere assolto tramite presunzioni, la praesemptio hominis, in base a inferenze desumibili dagli elementi di prova in atti, quali il ricorso al consulto medico funzionale alla conoscenza dello stato di salute del nascituro, le precarie condizioni psico-fisiche della gestante o le sue pregresse manifestazioni di pensiero propense all'opzione abortiva, gravando sul medico la prova contraria, che la donna non si sarebbe determinata all'aborto per qualsivoglia ragione personale.

(Cassazione Civile, 31 ottobre 2017, n. 25849)


Natura della responsabilità del medico e della struttura ospedaliera

Nel caso in cui sia promossa un'azione nei confronti del medico, senza allegare la sussistenza di un contratto di opera professionale con il medesimo, tale rapporto ha natura extracontrattuale, mentre il rapporto con la struttura sanitaria si configura come contrattuale. Nei confronti della struttura sanitaria, il paziente danneggiato dovrà dimostrare la sussistenza di un contratto, l'aggravamento della propria patologia ed il nesso causale tra la condotta dei sanitari ed il danno. Nei confronti del medico dovrà invece dimostrare tutti gli elementi della responsabilità extracontrattuale (fatto illecito, elemento psicologico, danno ingiusto, nesso causale).

(Tribunale di Milano, 27 settembre 2017, n. 9670)


Tardiva diagnosi oncologica e danno da perdita di chance

In tema di responsabilità medica, la tardiva diagnosi di una recidiva oncologica dà luogo ad un danno da perdita di chance autonomamente risarcibile. In particolare, la chance è intesa sia come possibilità di una vita migliore, che come possibilità di sopravvivere più a lungo rispetto a quanto effettivamente vissuto. Le possibilità di sopravvivenza, calcolate secondo criteri statistici e in misura percentuale, assumono rilievo ai fini della liquidazione in via equitativa del danno.

Non era stato consigliato o indicato al paziente alcun controllo da eseguire dopo l’intervento, che se fosse stato invece effettuato avrebbe permesso di scoprire la recidiva in un momento anteriore rispetto a quello in cui venne in effetti rilevata, consentendo così la somministrazione tempestiva della chemioterapia (che avrebbe ritardato la morte di uno o due anni).

(Tribunale di Milano, sentenza 4 settembre 2017, n. 8940)


Intervento chirurgico riuscito ma inutile e risarcimento dal danno

In tema di responsabilità sanitaria, qualora un intervento operatorio, sebbene eseguito in modo conforme alla "lex artis" e non determinativo di un peggioramento della condizione patologica che doveva rimuovere, risulti, all’esito degli accertamenti tecnici effettuati, del tutto inutile, ove tale inutilità sia stata conseguente all’omissione da parte della struttura sanitaria dell’esecuzione dei trattamenti preparatori a quella dell’intervento, necessari, sempre secondo la “lex artis”, per assicurarne l’esito positivo, nonché dell’esecuzione o prescrizione dei necessari trattamenti sanitari successivi, si configura una condotta della struttura che risulta di inesatto adempimento dell’obbligazione. Essa, per il fatto che l’intervento si è concretato in una ingerenza inutile sulla sfera psico-fisica della persona, si connota come danno evento, cioè lesione ingiustificata di quella sfera, cui consegue un danno-conseguenza alla persona di natura non patrimoniale, ravvisabile sia nella limitazione e nella sofferenza sofferta per il tempo occorso per le fasi preparatorie, di esecuzione e postoperatorie dell’intervento, sia nella sofferenza ricollegabile alla successiva percezione della inutilità dell’intervento.

(Cassazione civile, sez. III, 19 maggio 2017, n. 12597)