Sulla risarcibilità del danno sofferto dal nipote in tenera età per la morte del nonno
La perdita del rapporto parentale, nella sua dimensione non patrimoniale, determina la perdita dei reciproci affetti in corso, che sono, a differenza del danno morale soggettivo, “dimensioni oggettive” del pregiudizio, ossia “utilità” la cui estinzione rileva a prescindere dalla sofferenza che quella perdita può produrre sul parente sopravvissuto. Pertanto, la perdita del rapporto parentale, in quanto perdita delle “utilità” che il rapporto consente, è necessariamente una perdita attuale, che consiste nella definitiva impossibilità di godere di quel legame, con la conseguenza che costituisce pregiudizio rilevante solo per il congiunto che di tale rapporto sia parte, non in senso formale, ma nel senso di poter trarre dal rapporto le “utilità” che esso offre e che l’illecito fa perdere definitivamente. Il danno futuro dell’infante, ovvero la sua futura sofferenza per la perdita attuale del nonno, è dunque un danno eventuale che non può essere ritenuto rilevante ora per allora, in quanto se si può riconoscere, in astratto, una eventuale sofferenza postuma, non si può ammettere un godimento postumo dei beni che il rapporto familiare consente (respinta, nella specie, la domanda di risarcimento del danno avanzata dai genitori di una minore in conseguenza della morte del nonno a seguito di un sinistro. In particolare, i ricorrenti denunciavano la perdita di una sorta di rapporto parentale futuro, ossia della perdita che, una volta cosciente, la minore avrebbe avvertito e che si sarebbe concretizzata nel non poter aver il nonno con sé, ossia vivere dei momenti con lui come nella normalità dei rapporti tra nonno e nipote).
(Cassazione Civile, 26 aprile 2022, n. 12987)