Decorrenza delle dimissioni dalla carica di amministratore
In caso di dimissioni dalla carica di amministratore, il dimissionario non può essere ritenuto responsabile di fatti o illeciti commessi in epoca successiva alle sue dimissioni, anche nel caso in cui la cessazione dalla carica di amministratore non sia stata iscritta nel Registro delle Imprese. Non è quindi configurabile nei confronti dell’amministratore dimissionario una estensione di responsabilità per comportamenti compiuti da altri amministratori in epoca successiva alle dimissioni e nessuna rilevanza assume sul punto l’iscrizione nel Registro delle Imprese della cessazione della carica di amministratore, adempimento peraltro che l’art. 2385, comma 3, c.c. pone a carico del collegio sindacale e che non potrebbe quindi essere compiuto dal dimissionario, ormai estraneo alla società.
(Cassazione Civile, ordinanza, 17 maggio 2021, n. 13221)
Sulla natura della responsabilità dell'amministratore
A fronte di disponibilità patrimoniali pacificamente fuoriuscite dall'attivo della società, questa, nell'agire per il risarcimento del danno nei confronti dell'amministratore, può dunque limitarsi ad allegare l'inadempimento, consistente nella distrazione delle dette risorse, mentre compete allo stesso amministratore la prova del suo adempimento, consistente nella destinazione delle attività patrimoniali all'estinzione di debiti sociali (come quelli eventi ad oggetto gli utili di esercizio e i compensi spettantigli) o il loro impiego per lo svolgimento dell'attività sociale, in conformità della disciplina normativa.
(Cassazione Civile, ordinanza 12 maggio 2021, n. 12567)
Sull’obbligo di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale
La responsabilità dell’amministratore di società a responsabilità limitata che abbia interamente perso il capitale sociale non sorge automaticamente dalla mera prosecuzione dell’attività d’impresa, consentita entro i limiti di cui all’art. 2486 c.c., bensì consegue alla gestione in chiave non conservativa della società, riconducibile all’assunzione di nuovi impegni e obbligazioni.
(Tribunale di Napoli, sez. Impresa, 8 marzo 2021)
Azione di responsabilità nei confronti del socio gestore
Ai fini della responsabilità del socio di S.r.l., ex art. 2476, comma 8, c.c., vengono in rilievo tanto gli atti autorizzati o decisi, nell’ambito dei poteri attribuiti al socio dalla legge o dallo statuto, quanto per l’impulso all’attività gestoria offerto a livello decisionale, sia pure al di fuori di formali procedimenti di decisione e/o autorizzazione: rientrano nel perimetro della norma anche le ipotesi in cui il socio, pur non esercitando in modo esclusivo, continuativamente od occasionalmente, poteri tipici degli amministratori, orienti di fatto l’attività di questi ultimi, inducendoli al compimento di atti dannosi. Pertanto, risponde ai sensi dell’art. 2476, comma 8, c.c., il socio che, pur non essendo investito della facoltà di interferire sull’operato degli amministratori, adotti comportamenti rientranti nelle facoltà gestorie. Sotto il profilo soggettivo, l’intenzionalità del socio è costituita dalla piena consapevolezza di compiere un atto decisionale o autorizzatorio potenzialmente dannoso: l’antigiuridicità sussiste non solo quando l’atto deciso è contrario alla legge o all’atto costitutivo, ma anche quando, pur lecito, l’atto è esercitato in modo abusivo.
(Tribunale di Roma, 5 febbraio 2021)
Sulla determinazione del compenso spettante al sindaco
L’adempimento della prestazione di controllo, a cui sono tenuti i sindaci di società per azioni, è suscettibile di essere considerato partitamente, anno per anno: ed è con riferimento a questa unità di misura (della singola annualità) che, in caso di eccezione d’inadempimento, l’inadempimento dell’obbligazione di controllo deve venire a confrontarsi in relazione al riconoscimento del diritto al compenso del sindaco.
(Cassazione Civile, ordinanza, 4 marzo 2021, n. 6027)
“Gravità” e “attualità” delle condotte amministrative “irregolari”
L’istituto disciplinato dall’art. 2409 c.c. ha la finalità di consentire all'autorità giudiziaria il ripristino della legalità e la regolarità della gestione della società, mentre il controllo giudiziale non può estendersi ai profili di opportunità e convenienza. Oggetto di denuncia è il fondato sospetto di gravi irregolarità degli amministratori commesse in violazione dei doveri su di essi spettanti, purché attuali ed idonee a produrre una lesione patrimoniale per la società, mentre l'istituto è privo di rilievo sanzionatorio, proprio invece dell'azione di responsabilità. Donde consegue che il giudizio sulla diligenza dell'amministratore nell'adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e le circostanze di tali scelte, anche se presentino profili di rilevante alea economica. Inoltre, le irregolarità devono involgere l'intera attività della società, non assumendo rilievo l'illegittimità di singoli atti, autonomamente impugnabili, posto che, in caso contrario difetterebbe il requisito della residualità del procedimento ex art. 2409 c.c..
(Tribunale di Bologna, 27 luglio 2020, Dott. Florini)
Quando è legittimo il recesso del socio
La modifica della facoltà del socio di farsi rappresentare in assemblea onde esercitare il diritto di voto non può essere considerata modifica dei diritti di partecipazione legittimanti il recesso, dovendosi riaffermare il principio secondo cui i diritti di partecipazione di cui all’articolo 2437 c.c. lettera g) sono da riferirsi ai soli diritti di natura economica discendenti dalla partecipazione societaria. La modifica statutaria della facoltà di delega non incide neanche sul diritto di voto perché non concerne in sé il riconoscimento del diritto di voto riconnesso alla qualifica di socio, ma inerisce esclusivamente ad una modificazione della facoltà e del diritto di farsi rappresentare in assemblea, cosa in sé diversa dal riconoscimento del diritto di voto; il socio, nonostante la modifica, continua a godere dei medesimi diritti di voto, di talché è da escludersi la sua legittimazione al recesso.
(Tribunale di Venezia, 26 febbraio 2021)
Il socio di capitali tra corrispettivo per la propria attività professionale a favore della società ed arricchimento senza giusta causa di quest’ultima
Qualora il socio di una società di capitali abbia prestato senza corrispettivo la propria attività professionale a favore della società stessa, è configurabile l'arricchimento senza giusta causa di essa, per l'incremento patrimoniale derivante dalla mancata spesa, con corrispondente danno per il socio. Tuttavia, nel determinare la misura del richiesto ristoro, il giudice deve indagare anche se ed in che misura il vantaggio della società si sia risolto in un concreto incremento economico per il socio, a titolo di maggiori utili, influendo riduttivamente sulla diminuzione patrimoniale subita dal socio e, quindi, sull'indennità a lui spettante ex art. 2041 c.c..
(Cassazione Civile, sez. lavoro, 9 novembre 2020, n. 25045)
Sul compenso per la carica di amministratore in virtù di delibera assembleare emessa come pro-forma quando la società era in stato di insolvenza
Il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è integrato laddove l’amministratore prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come compensi, se questi sono genericamente indicati nello statuto, non sono giustificati da dati ed elementi di confronto che ne consentano una oggettiva valutazione e vi sia stata determinazione del loro ammontare con delibera assembleare adottata solo pro-forma.
(Cassazione Civile, sez. penale, 26 gennaio 2021 n. 3191)
Il privilegio artigiano nella procedura di ammissione al passivo
Il privilegio spettante ai crediti della "impresa artigiana definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti", ex art. 2751-bis c.c., n. 5), (come novellato dal d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, conv. dalla l. 4 aprile 2012, n. 35) è riconoscibile, ai sensi della l. 8 agosto 1985, n. 443, art. 3, comma 2, (cd. "legge -quadro per l'artigianato"), come modificato dalla l. 20 maggio 1997, n. 133, art. 1, comma 1, e dalla l. 5 marzo 2001, n. 57, art. 13, comma 1, anche alle società consortili costituite in forma di s.r.l., sempre che ricorrano i presupposti di cui all'art. 5, comma 3 predetta legge-quadro.
(Cassazione civile sez. I, 20 gennaio 2021, n. 978)